I segreti del Sarcofago Strozzi
Ravenna, Chiesa di San Francesco
Home - Scavi/Valorizzazione - Ravenna, Sarcofago Strozzi - ultimo aggiornamento 27 luglio 2010

Il sarcofago Strozzi, ubicato sull'ingresso della Chiesa di San Francesco a RavennaIl sarcofago Strozzi è una cassa marmorea con coperchio ad acroteri collocata davanti alla facciata della chiesa di San Francesco a Ravenna, inizialmente sul lato destro, ora su quello sinistro dell’ingresso.
Nel 2008 il sarcofago è stato aperto, divenendo oggetto di un intervento di restauro. All'apertura dell'arca si è scoperto che la cassa conteneva numerose ossa appartenenti a diversi corpi umani, nessuno dei quali in connessione anatomica. Si è quindi provveduto ad asportare le ossa conservate entro la cassa e ad analizzarle, avviando nel contempo una ricerca finalizzata a ricostruire la storia dimenticata del monumento.

Il 22 aprile 2009 l’esito di tali ricerche è stato presentato nel corso di una giornata di studio svoltasi nella sede della Casa Matha di Ravenna, nell'ambito dell'XI Settimana della Cultura, dal titolo “IL SARCOFAGO STROZZI: STORIA DI UN MONUMENTO RAVENNATE”, con interventi di Maria Grazia Maioli, "Il sarcofago Strozzi", Paola Novara e Graziano Scandurra, "Martino Strozzi e il suo sarcofago", Ugo Capriani, "Il restauro del sarcofago Strozzi" e Stefano De Carolis ed Elisa Rastelli, "Gli scheletri della tomba Strozzi di Ravenna: prime indagini paleopatologiche".

Descrivendo il sarcofago, l'archeologa Maria Grazia Maioli (Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia Romagna) ha  chiarito che è composto da una cassa e da un coperchio fabbricati in due epoche diverse, l'una antica, l'altro altomedievale.
Nei primi anni del Cinquecento i due pezzi furono assemblati per contenere le spoglie di Martino Strozzi. Come chiarito nell'intervento di Paola Novara e Graziano Scandurra, archeologi ravennati, Martino Strozzi (o Astozi) visse nella seconda metà del Quattrocento e, oltre a svolgere la professione notarile, coprì diverse cariche politiche. Ebbe due mogli, la prima delle quali era la sorella del celebre uomo d'armi Guidarello Guidarelli, che non dimenticò il cognato Martino, e il figlio di lui Fabio Massimo, nel testamento dettato nei giorni di agonia che ne precedettero la prematura morte. Anzi Guidarello chiese espressamente che Martino fosse presente al suo funerale incappucciato.
Senza dubbio le novità più interessanti emerse nel corso della presentazione riguardano le condizioni del sarcofago, restaurato da  Ugo Capriani che ha brevemente illustrato lo stato del monumento prima e dopo il suo intervento, e la natura delle ossa ritrovate dentro l'arca.
Le indagini condotte dai medici riminesi Stefano De Carolis ed Elena Rastelli hanno immediatamente riconosciuto i resti di almeno sette individui adulti (di cui almeno uno morto in tarda età, visto lo stato della dentatura) e di almeno quattro bambini.
Una presenza così massiccia di corpi può essere spiegata sia come la scelta di impiegare l'arca anche per altri membri della famiglia Strozzi, che ebbe discendenza fino ai primi anni del Settecento, sia come il frutto di una contaminazione avvenuta nei primi anni dell'Ottocento quando il sarcofago, che allora si trovava nella piazzetta degli Ariani, fu momentaneamente svuotato. In quell'occasione le spoglie contenute nell'arca Strozzi furono collocate in una delle tombe terragne all'interno della chiesa dello Spirito Santo e, solo dopo qualche tempo, riposte nuovamente nel sarcofago.
Non è da escludere che in quel frangente fossero ricollocati corpi non pertinenti, confusi, trattandosi in ogni caso di spoglie di epoche vicine a quelle della tomba Strozzi.

La Chiasa di san Francesco in Piazza San Francesco a RavennaQuanto esposto durante la conferenza tenutasi alla Casa Matha è una sintesi di studi ancora in corso. Ulteriori ricerche, come ad esempio l'individuazione del DNA dei resti, permetteranno di riconoscere i corpi appartenenti alla stessa famiglia. Altre ricerche, quale l'analisi delle Visite Pastorali, vale a dire le descrizioni delle chiese della diocesi che seguivano le visite effettuate dagli arcivescovi nei secoli XVI-XVIII, permetteranno di scoprire se il sarcofago Strozzi fosse stato collocato ab origine nella piazzetta degli Ariani, dove è documentato sin dall'Ottocento.

Secondo il  progetto diretto da Maria Grazia Maioli, archeologa della Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna, i cinque studiosi (tra liberi professionisti, medici legali e restauratori) hanno dato vita ad una ricerca che si è sviluppata in tre fasi: il restauro diretto da Ugo Capriani, lo studio dell’iscrizione posta sul sarcofago da parte della Dott.sa Paola Novara e del Dott. Graziano Scandurra, e l’analisi delle ossa trovate al suo interno fatta dai Dott. Stefano De Carolis ed Elisa Rastelli.
Due i punti risultati più importanti: l’iscrizione che riporta il nome di Martino Strozzi, notaio e giudice ordinario vissuto tra la fine del 1400 e gli inizi del 1500, che, dalle analisi di alcuni testamenti trovati nell’Archivio di Stato di Ravenna, risulta essere il marito di Dorotea sorella di Guidarello Guidarelli, e il ritrovamento di una grossa quantità di ossa umane.
Dopo le analisi di laboratorio sui resti umani si è appurato che questi appartengono a dodici individui diversi. Questo ha portato gli studiosi a porsi una domanda: come mai invece dei resti di un’unica persona ne abbiamo dodici? Questo è probabilmente accaduto quando il sarcofago in questione venne spostato sotto la giurisdizione del parroco della chiesa di Santo Spirito in Piazza degli Ariani. Volendo provare a venderlo, il parroco aveva spostato i resti di Strozzi in una fossa comune. Quando però fu scoperto dovette rimettere le ossa al suo posto e ormai impossibilitato a riconoscere i resti del defunto decise di buttare al suo interno ossa varie alla rinfusa.

Va sottolineato il forte spirito di gruppo che si è creato tra i cinque esperti e la passione scaturita durante lo svolgimento di un  progetto che, occorre evidenziarlo, è totalmente gratuito.
Tutto è iniziato quando l’archeologa Maria Grazia Maioli ha contattato la dott.ssa  Paola Novara per chiederle una collaborazione per l’analisi dell’iscrizione; a quel punto la Novara si è rivolta al Dott. Scandurra per una ricerca approfondita sulle origini di Martino Strozzi. Il lavoro non ha beneficiato di alcun finanziamento ed è stato fatto da ogni esperto in modo totalmente gratuito, un po’ per amore della cultura, un po' per acquisire visibilità, perché in questo campo quando si è liberi professionisti bisogna farsi conoscere con ricerche, studi e pubblicazioni.
Gli studiosi sperano ancora di poter eseguire le analisi del DNA mentre si stanno cercando i fondi per pubblicare quanto è già stato fatto. "Un modo -dice Paola Novara- per fissare sulla carta il lavoro fatto senza perdere alcun dato importante, nonostante la maggior parte degli studiosi preferisca pubblicare una ricerca solo quando è terminata". E anche per cercare di ottenere, attraverso questa pubblicazione, ulteriori finanziamenti che consentano di procedere ad analoghi studi sugli altri sarcofagi che si trovano all’interno dell’impianto monumentale della Tomba di Dante.
In fin dei conti -si chiedono a Ravenna- qualcuno prima o poi dovrà pur rispondere alla domanda dei turisti: ma dentro ai sarcofagi cosa c’è?