"TEATRO E ARCHEOLOGIA"
festival di teatro antico nella città romana di Veleia
21, 22, 27 e 28 luglio, 3 e 4 agosto 2007
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Comunicato stampa

Portare il teatro nei luoghi della Storia, utilizzando la suggestiva scenografia naturale nell'assoluto rispetto dei siti archeologici e dei loro monumenti. Con questa filosofia si tiene anche quest'estate la nona edizione della rassegna "Teatro e Archeologia", tre weekend di teatro nella cornice del foro del municipium romano di Veleia.


Il foro romano di Veleia, sede degli spettacoli teatrali

Continuando una tradizione ormai consolidata, torna a Veleia la nona edizione della rassegna di teatro latino che consente di rivivere l'antica consuetudine degli spettacoli pubblici. Cittadini e attori sono immersi in uno scenario fuori dal tempo dove la bellezza della natura si sposa con il fascino dell'antica città romana. Tutti gli spettacoli si svolgono nel foro di Veleia, in località Rustigazzo di Lugagnano Val d'Arda (PC).
Il costo del biglietto è di € 20,00 per la prima fila, € 15,00 per la seconda e € 8,00 per le altre file; riduzioni per i minori di 18 anni e gli over 65.
Informazioni, prevendita e prenotazioni: Piacenza Turismi, Via San Siro n. 27 - 29100 Piacenza
telefono 0523.305254 - fax 0523.309298 - e-mail infotur@piacenzaturismi.net

sabato 21 e domenica 22 Luglio 2007 alle ore 21,30
“Elena”
di Ghiannis Ritsos
con Mariangela D’Abbraccio
regia di Francesco Tavassi
traduzione di Nicola Crocetti, allestimento scenico, luci e proiezioni di Francesco Tavassi, costumi di Maria Rosaria Donadio, musiche originali e suoni di Giacomo Zumpano

La protagonista di "Elena" di Ritsos, Mariangela D'AbbraccioIncisivo autore e poeta greco, Ghiannis Ritsos (1909-1989) scrisse questo intenso monologo lirico ispirato all'Iliade nel 1970. La sua Elena è un fantasma tra fantasmi: quelli del passato, i suoi amanti, e quelli del presente, le serve che nella notte spostano continuamente gli oggetti. La donna è vecchia e prossima alla morte. I segni della sua antica bellezza si sono dissolti, il corpo è in disfacimento. Vive in una stanza malsana disseminata di oggetti che risvegliano la sua memoria, a tratti confusa, in una rievocazione con struggenti flashback che animano l'immagine di un passato glorioso e felice. Questa lunga agonia della parola accompagna il disfacimento naturale del corpo, malgrado l'operosità delle serve che le fanno la toilette e la truccano come un clown. Quando Elena si spegne, accovacciata sul suo letto, le serve avidamente rubano vari oggetti (gabbie per canarini, una radiolina, una stufetta elettrica, piante esotiche), prima dell'arrivo del carro funebre. Poi "di colpo scomparve ogni cosa. Silenzio assoluto." La struggente eroina di Ritsos si dissolve nel nulla e nella morte ritrova la sua estraneità dalle catastrofi delle azioni dell'uomo che la avevano coinvolta, soprattutto dalla Storia.
Dopo Fedra, il regista Francesco Tavassi torna ad affrontare l’autore Ghiannis Ritsos con il suo testo "Elena".  Spetta al talento di Mariangela D'Abbraccio rappresentare questo personaggio attraverso la lirica di un monologo straordinariamente visionario che contiene anche frammenti di Euripide e di Hofmannsthal, piccole citazioni per meglio chiarire al pubblico l'ispirazione al mito classico. Ritsos utilizza Elena di Troia per raccontarci una donna immaginariamente pluricentenaria, assediata dal fantasma maledetto della propria antica bellezza. Sola nel palazzo che fu teatro del suo rapimento da parte di Paride affronta i propri ricordi e l'arrivo della fine tra i pochi resti impolverati di gioielli e vestiti, trofei di un passato fiero, sottratti al saccheggio di giovani e sprezzanti ancelle. Intorno a lei la proiezione immaginaria di coloro che le dedicarono la vita fino alle estreme conseguenze.
Con Mariangela la bellezza di Elena, sarà espressa come la traccia di una antica maschera, ancorata alla fine della vita come ultima e beffarda espressione di una umanità trapassata, simbolo della resistenza alla devastazione del tempo e alla morte. L'Elena di Ritsos è la speranza, o meglio la consapevolezza (che è anche atto di fede del poeta) che qualcosa si salva sempre dal naufragio, dalla distruzione totale.

venerdì 27 e sabato 28 Luglio 2007 alle ore 21,30
“La Festa delle Donne”
di Aristofane
con Paola Quattrini
regia di Giuseppe Arena
traduzione di Edoardo Sanguineti

Paola Quattrini, protagonista de "La Festa delle Donne" di AristofanePaola Quattrini è la splendida protagonista di questa "Festa delle Donne" con cui Aristofane si beffa di Euripide e mette in scena un'emancipazione femminile ante litteram. La commedia è ambientata nel secondo giorno della Festa delle Donne, le "Tesmoforie" che si tenevano, forse in ottobre, in onore di Demetra e di Persefone.
La situazione spietatamente parodistica proposta da Aristofane è la seguente: Euripide, il grande tragediografo, è seriamente preoccupato che le donne di Atene, riunendosi in occasione della festa, lo vogliano condannare per punirlo "di aver parlato male di loro" nelle sue tragedie. Per prevenire questo pericolo ha deciso di chiedere all'effeminato poeta Agatone di travestirsi da donna e partecipare all'assemblea per parlare in sua difesa. Euripide, accompagnato da Mnesiloco (un parente? un amico?) si reca a casa di Agatone per presentargli la sua richiesta. Agatone compare in abiti femminili declamando versi dell'opera che sta componendo, comportamento che provoca commenti salaci da parte di Mnesiloco. Agatone rifiuta, temendo di essere scoperto dalle donne ed a sua volta condannato; segue una scena marcatamente comica in cui Mnesiloco si offre di aiutare Euripide e viene da questi maldestramente rasato e depilato. Infine, vestito da donna con indumenti prestati da Agatone, Mnesiloco si avvia all'assemblea dopo aver fatto giurare ad Euripide che interverrà in caso di pericolo.
Ora la scena rappresenta l'assemblea delle donne, le quali discutono con vivacità gli argomenti del giorno. Una di loro propone senza mezzi termini che Euripide venga eliminato perché colpevole di aver reso difficile la vita delle donne. Le accuse che la donna muove contro Euripide, volutamente, non hanno un nesso logico diretto: ad esempio egli viene ritenuto responsabile del fatto che gli uomini sorveglino il comportamento delle donne con maggiore attenzione di un tempo.
Un'altra donna interviene sostenendo che lo scetticismo in materia religiosa che Euripide diffonde con le sue tragedie ha rovinato i suoi affari di venditrice di corone votive. Mnesiloco interviene in favore di Euripide, sostenendo che il poeta ha parlato male solo di personaggi del mito e non delle sue reali contemporanee sul comportamento delle quali ci sarebbe invece molto da dire, e lo dimostra con una serie di esempi di scaltrezza e di libidine muliebri provocando la reazione scandalizzata delle presenti e presto si arriva alla rissa.
Entra in scena Clistene, personaggio particolarmente effeminato che, proprio per questo, si dichiara affine e solidale con le donne: è venuto ad avvisare le partecipanti all'assemblea che gira voce ci sia fra di loro un infiltrato, un vecchio mandato da Euripide per spiare le loro deliberazioni. Con una rapida indagine il clandestino viene scoperto. Per salvarsi Mnesiloco strappa una bambina dalle braccia di una donna e minaccia di ucciderla, ma si accorge che il suo ostaggio è in realtà una piccola botte di vino che la donna aveva avvolto in panni infantili per introdurla segretamente in assemblea.
Mnesiloco beve il vino inscenando, fra l'orrore delle donne, la parodia di un sacrificio rituale. Di qui ha inizio la parte più movimentata e forse più divertente della commedia. Per salvare Mnesicolo, Euripide entra in scena vestito da Menelao e tenta di convincere la donna che fa la guardia al prigioniero, che Mnesicolo sia in realtà Elena, da lui finalmente ritrovata in Egitto, innocente e vittima di Teoclimeno (si tratta di una parodia della tragedia Elena di Euripide). Fallito questo tentativo, Euripide ci riprova travestito da Perseo ed ovviamente Mnesicolo passa ad interpretare Andromeda, ma intanto è arrivato un pritano che ha incatenato il povero Mnesicolo ad un palo e lo ha affidato alla soveglianza di un arciere. L'arciere, che è uno sciita, parla un pessimo greco con forte accento barbarico, particolare questo che, reso come si può nelle traduzioni, contribuisce non poco alla comicità della situazione. Anche questa volta, davanti alle minacce del burbero custode, Euripide è costretto a ritirarsi. Rientra infine in scena senza travestimento per proporre un accordo alle donne: se lasceranno libero Mnesicolo si impegna a non parlare male di loro nelle future tragedie, altrimenti -minaccia- quando i loro mariti torneranno dalla guerra racconterà loro tutti gli episodi di cui è a conoscenza. Le donne accettano ma a questo punto il problema è quello di sottrarre Mnesicolo alla sorveglianza del guardiano. Euripide lo risolve con un espediente antico ma sempre efficace: si traveste da vecchia mezzana e rientra portando con se una giovane prostituta la quale riesce a facilmente distrarre lo sciita coprendo la fuga del poeta e del suo amico. La commedia di chiude sulla comica disperazione dell'arciere che, scoperto l'accaduto, non riesce ad accettare di essere stato ingannato.

venerdì 3 e sabato 4 Agosto 2007 alle ore 21,30
“Mostellaria”
di Tito Maccio Plauto
con gli attori del Laboratorio Teatrale del Plautus Festival di Sarsina
regia di Giuseppe Arena
traduzione di Michele Di Martino

un'immagine dalla rassegna teatrale 2006Il contrasto tra vecchi e giovani, genitori e figli, è il cardine attorno a cui ruota l'azione drammatica di questa commedia, certamente una delle opere più belle e significative di Plauto. Il titolo deriva dal termine latino "monstellum" (diminutivo di "monstrum") che significa prodigio ma anche, come suggerisce il contesto della commedia, fantasma.
Mentre il padre Teopropide è in viaggio d'affari all'estero, suo figlio Filolachete, ritrovatosi da solo in casa, pensa di trasformarla con l'amico Callidamate in una taverna -oggi diremmo una discoteca- dove organizza festini e party a getto continuo e se la spassa con la bella Filemazio, sperperando i soldi paterni. Ma Teopropide, facendo ritorno all'improvviso, è annunciato al porto. Mentre Filolachete, disperato, non sa che fare il servo Tranione lo assicura che con l'inganno impedirà al padre di scoprire le sue magagne: comanda a lui e ai suoi amici di chiudersi in casa e non rispondere quando il padre busserà alla porta. Quando Teopropide arriva, Tranione lo scongiura di allontanarsi da casa perchè è infestata dallo spettro di un uomo assassinato proprio lì dentro molto tempo prima. Allontanato il vecchio, Tranione imbroglia l'usuraio Mesargide e gli fa credere che il denaro dato a Filolachete per riscattare Filemazio è servito a comprare una nuova casa. Teopropide è contento dell'acquisto e cerca di vendere la casa proprio mentre ne sta uscendo il legittimo proprietario Simone. Tranione pensa di ingannare pure lui e gli dice che il vecchio è interessato a visitare la sua casa per vedere come l'ha arredata. Poco dopo uno schiavo di Callidamate, venuto a riprendere il padrone ubriaco, svela la verità a Teopropide, parlando della condotta scioperata del figlio e della beffa macchinata da Tranione. Alla fine, grazie all'intervento di Callidamate, il figlio ottiene il perdono del padre.
Sostenuta da un ritmo incalzante e da una straordinaria vitalità, la commedia del "fantasma" rivela invenzioni efficacissime. Dominante è la figura di Tranione che sviluppa il rovesciamento delle regole voluto dai giovani ai danni degli anziani: è lui a dare vita ad un fantasma che esercita il suo potere soprannaturale e prende possesso della realtà quotidiana. Le trovate del servo danno linfa allo svolgimento della rappresentazione: quando Tranione non potrà più compiere le sue beffe, l'ordine sovvertito si ricomporrà e la finzione teatrale saluterà gli spettatori per congedarli. Commedia dell'amore e del denaro, della realtà e della fantasia, intrecciata e dominata dall'arguzia divertente e rivoluzionaria del servo Tranione, che s'appella alle forze "invisibili" e ridanciane del suo spirito e della sua intelligente intraprendenza per trarre fuori dagli "onerosi" guai il padroncino Filolachete. Il testo plautino è portato in scena dal Laboratorio teatrale di Sarsina
(avvisiamo il gentile pubblico che l'annunciato protagonista della commedia, Sig. Massimo Venturiello, non sarà presente, causa un'improvvisa e non preventivabile indisponibilità)

Tutti gli spettacoli hanno inizio intorno alle 21,30

Come indizia una stele figurata, a Veleia gli spettacoli si rappresentavano nel foro, come suggerito da Vitruvio. Nel riproporre l'antica consuetudine nella piazza che Lucio Lucilio Prisco, uno dei due massimi magistrati locali, pavimentò con lastre d'arenaria ai tempi d'Augusto, tra monumenti onorari e resti di vetuste architetture, noi vogliamo che la città non sia solo un suggestivo fondale, ma si animi e riviva per quel miracolo che ogni genere drammatico ha da sempre il potere dì compiere

Promosso da:

Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna, Regione Emilia-Romagna, Provincia di Piacenza, Comune di Lugagnano, Fondazione di Piacenza e Vigevano, Comune di Sarsina e CCIAA di Piacenza, con la sponsorizzazione di Buzzi Unicem, Siram, Danesi, Vanessa e Giochi di Luce
Organizzazione di Piacenza Turismi

Quando: 21 e 22 luglio 2007
27 e 28 luglio 2007
3 e 4 agosto 2007
Costo biglietto: prima fila € 20,00
seconda fila € 15,00
altre file € 8,00
Riduzioni per i minori di 18 anni e gli over 65
Città: Lugagnano Val D'Arda
Luogo: Foro della città romana di Veleia
Indirizzo: località Rustigazzo
Provincia: Piacenza
Regione: Emilia-Romagna
Informazioni: tel. 0523.305254
   

Articolo di Carla Conti