Salone
del Restauro, dei Musei e delle Imprese Culturali
Ferrara, 18-20 SETTEMBRE 2019 – XXVI edizione
Il
Salone del Restauro, dei Musei e delle Imprese Culturali è la prima e più
importante manifestazione a livello internazionale che si occupa di Economia,
Conservazione, Tecnologie e Valorizzazione dei Beni Culturali e Ambientali.
Tanti sono i progetti e le iniziative che si sviluppano durante le tre giornate
di manifestazione, dal 18 al 20 settembre 2019, grazie all’attiva partecipazione
di importanti aziende e istituzioni che cercheranno di affrontate le tematiche
più attuali e urgenti, presentare tecnologie e innovazioni e illustrare
risultati, informando sui più importanti interventi di restauro e
riqualificazione.
Rispondendo alla richiesta del Segretariato Generale del MiBAC, la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara ha proposto i seguenti temi
L’ex Convento di San Procolo - ex Ospedale della Maternità di Bologna:
dall’osservazione diretta del costruito e l’interpretazione dei documenti alla
comprensione del monumento quale ineludibile presupposto al progetto di restauro
consapevole
proposta dell'Architetto Alessandra Alvisi (Bologna, 20 giugno 2019
©)
L’ “Ex Convento di San Procolo” -è questo l’appellativo con cui l’immobile è
denominato nel decreto di vincolo- costituisce «uno dei complessi
monumentali più insigni di Bologna e meno conosciuti, anche dai Bolognesi stessi»,
come scrive Mario Fanti nel volume "San Procolo: la chiesa, l'abbazia. Leggenda
e storia", Bologna 1963. Le sue origini sono da ricercarsi nell’affermazione e diffusione del culto
del martire Procolo nella città di Bologna dove, in epoca medievale, si insedia
una comunità di monaci benedettini neri che, nel corso del medioevo e dei secoli
successivi, edifica e amplia a più riprese il proprio convento, prossimo alla
chiesa dedicata al santo. A seguito della soppressione napoleonica dei complessi
monastici, il convento diviene sede dell’ospedale degli Esposti.
Passato sotto l’amministrazione della Provincia, mantiene la funzione
ospedaliera, seppur con modifiche organizzative, fino ai primi anni del secolo
attuale, quando ne viene delineata la riconfigurazione a nuova sede del
Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna.
Chiostro del Capitolo (o della Porta), complesso di San Procolo - foto
Gianfranco Vivera, 2018
La proposta dell'arch. Alvisi vuole illustrare un interessante caso di studio e ricerca nell’ambito del
contesto storico bolognese volto a mostrare come il processo di conoscenza e
comprensione del manufatto architettonico costituisca il necessario presupposto
all’elaborazione del progetto di restauro e rifunzionalizzazione.
La ricerca storica costituisce un importante momento conoscitivo del costruito
che, se condotto in maniera critica e ragionata, cercando sul manufatto
architettonico riscontro dei dati emersi nei documenti storici, è in grado di
fornire significative informazioni sulla fabbrica, sulla base di cui,
successivamente, impostare un progetto di intervento consapevole e rispettoso
del monumento. La ricerca storica archivistico-documentale condotta sull’ex
Convento - ex Ospedale è stata finalizzata alla configurazione del quadro
evolutivo analitico e al contempo sintetico del complesso monumentale, tale sia
da inquadrare il contesto storico e culturale in cui il manufatto architettonico
si inserisce, sia da mettere a fuoco informazioni specifiche relative alla
costruzione e alle successive modifiche che hanno interessato la fabbrica e le
parti di cui si compone quali, in particolare, i tre chiostri e la “loggia verso
l’orto”.
Prendendo le mosse dagli studi condotti da Mario Fanti, soprintendente onorario
dell'Archivio Generale Arcivescovile di Bologna, già notevolmente approfonditi e
corredati di precisi rimandi alle fonti, il percorso è proseguito tanto sul
fronte bibliografico quanto su quello archivistico, analizzando l’articolata
documentazione cartografica, iconografica e fotografica e arricchendo il
processo conoscitivo grazie all’individuazione archivistica di elaborati grafici
inediti raffiguranti in pianta e in alzato porzioni del complesso architettonico
che hanno approfondito e in parte rimesso in discussione quanto già noto sull’ex
Convento - ex Ospedale.
L’osservazione diretta del costruito a riscontro di quanto suggerito
dall’interpretazione dei documenti storici ha permesso, infine, di ricostruire
le articolate fasi costruttive del monumento, individuando le facies riferite ai
differenti momenti storici e comprendendo dove risiedano i valori da conservare
e perpetrare.
“Veduta della Casa degli Esposti dalla parte del prato in Bologna” in Archivio
dell’Architetto Venturoli presso la Fondazione Collegio Artistico Venturoli,
Collezione Castelli-Venturoli, cart. 4 citato in Aa.Vv., I bastardini:
patrimonio e memoria di un ospedale bolognese a cura dell’Amministrazione
provinciale di Bologna, Assessorato alla cultura, Bologna 1990
La tomba 62 della necropoli longobarda di Cava Ponte del Rio di
Spilamberto (MO)
Dal microscavo all’ipotesi ricostruttiva - work in progress
proposta dell'Archeologa Cinzia Cavallari (Bologna, 25 giugno 2019
©)
Situata nella cava di Ponte del Rio, la necropoli di Spilamberto (MO) è stata
indagata
nel 2003 dalla Società Cooperativa AR/S Archeosistemi di Reggio Emilia,
sotto la direzione scientifica dell'allora Soprintendenza per i Beni
Archeologici dell’Emilia-Romagna.
L’area funeraria consente di ricostruire la storia di una piccola comunità
longobarda che, tra la fine del VI e gli inizi del VII secolo, visse lungo le
rive del fiume Panaro. Il cimitero è caratterizzato da deposizioni collocate in
file parallele, nelle quali i gruppi parentali avevano tumulato i propri
defunti, individui maschili e femminili, adulti e subadulti, servi e schiavi. Il
settore occidentale è costituito dalle tre sepolture più antiche di tutta la
necropoli, riconducibili presumibilmente ai componenti del locale ceto egemone
(tombe 60, 62, 65).
Tomba 62 - Dettaglio dei fili aurei e dei denti della defunta (© Renaud
Bernadet)
La tomba 62, appartenente a un individuo subadulto di sesso femminile, ha
restituito un corredo ricchissimo, contraddistinto da elementi simbolici (es.
sella plicatilis) allusivi all’appartenenza della defunta alla famiglia o al
gruppo germanico dominante.
La proposta dell'archeologa Cavallari intende esporre la complessa operazione di
restauro di due pani di terra prelevati durante le indagini archeologiche,
contenenti i resti del cranio dell’inumata, unitamente ad alcuni reperti.
Preliminarmente, in previsione del microscavo dei due blocchi, è stata
realizzata, senza che venissero disimballati, un’indagine mediante tecniche non
distruttive presso la ditta Tec-Eurolab di Campogalliano (MO). L’analisi si è
avvalsa della tecnica della Tomografia computerizzata per il primo prelievo e
della radiografia X digitale per il secondo. L’esito delle ricerche ha
consentito di registrare la disomogeneità dei materiali inglobati nella terra
(ossa, denti e reperti metallici), rivelando la presenza di uno spillone in
argento ed evidenziando l’esatta posizione di numerosi fili d’oro, già
individuati all’esame autoptico. Infine, la radiografia X (di difficile
interpretazione, a causa del notevole spessore del secondo blocco di terra), ha
svelato la presenza di vaghi in pasta vitrea.
Il microscavo, a cura del restauratore Renaud Bernadet e dell’archeologo
Maurizio Marinato, è stato guidato dagli esiti delle analisi scientifiche e ha
consentito di recuperare, previa documentazione di dettaglio del posizionamento
dei manufatti, numerosi fili d’oro, in ottimo stato di conservazione. Tali
elementi decoravano probabilmente un broccato di tessuto del velo che la defunta
indossava sul capo, fissato sul retro dallo spillone in argento.
I dati raccolti sono in corso di elaborazione a cura del gruppo di lavoro,
coordinato dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città
metropolitana di Bologna e le Province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara (Sara
Campagnari, Cinzia Cavallari, Roberto Monaco e Micol Siboni) e costituito
dall’Università degli Studi di Torino (Paolo De Vingo), dalla Società
Cooperativa AR/S Archeosistemi, dal laboratorio di restauro Renaud Bernadet, da
Maurizio Marinato e dalla ditta Tec-Eurolab, grazie al sostegno economico del
Comune di Spilamberto.
Microscavo di un blocco di terra della tomba 62 (© Renaud Bernadet)
La Madonna Assunta della Cattedrale di Carpi: il recupero della
policromia originaria di una scultura lignea cinquecentesca di Gaspare Cibelli
proposta della Restauratrice Maria Grazia Gattari (Bologna, 26 giugno 2019
©)
Danneggiata dal Sisma Emilia 2012, la statua è stata oggetto di un intervento
di restauro conservativo relativo alla rimozione degli strati di ridipintura di
una scultura lignea cinquecentesca.
La proposta della restauratrice Maria Grazia Gattari illustra le caratteristiche
dell'operazione: quando la sinergia tra diagnostica e restauro crea quel
connubio perfetto per un corretto intervento di recupero della policromia
originaria
Alta sorveglianza. Scheda di Maria Grazia Gattari, Funzionario restauratore
conservatore di zona pe ril restauro di beni mobili e superfici decorate
Dal Museo al territorio: tutela e conservazione. Nel ricordo di Andrea
Emiliani, Soprintendente
proposta delle Storiche dell'arte Anna Stanzani ed Elena Marconi e della
Restauratrice Monica Vezzani (Bologna, 28 giugno 2019
©)
La proposta delle Storiche dell'arte Anna Stanzani ed Elena Marconi e della Restauratrice Monica Vezzani vuole illustrare l’attività del settore patrimonio storico artistico della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara di Bologna nel post riforma, alla luce della lezione di Andrea Emiliani.
In un territorio colpito dal sisma del 2012, con profonde ferite ancora da risarcire,
la Soprintendenza di nuova formazione intreccia le competenze sul patrimonio nel
segno dell’attività di tutela e conservazione sul campo: dalla proposta di
restauri all’alta sorveglianza, alla verifica dello stato conservativo delle
opere da esporre alle mostre. Senza trascurare un altro aspetto fondamentale: la
comunicazione e la valorizzazione.
In questo contesto le tre funzionarie propongono una serie di esempi della
propria attività di salvaguardia del patrimonio storico artistico in tutti i
suoi aspetti, cercando di offrire all’attenzione del pubblico un’ampia gamma di
tipologie di interventi su manufatti di vario genere (dall’affresco alla
scultura lignea, in terracotta e cartapesta, fino ai tessuti).
Conoscere, proteggere, valorizzare il patrimonio territoriale: sono questi gli
obiettivi che la Soprintendenza si pone con uno sguardo ai grandi maestri della
tutela del passato e una promessa per le generazioni future.
La XXVI edizione, che quest’anno si terrà nel mese di settembre dal 18 al 20, preannuncia grandi novità: sarà l’edizione che darà il via ad un nuovo ciclo volto al rinnovamento, grazie al cambio di gestione della manifestazione che sarà promossa e organizzata direttamente da Ferrara Fiere Congressi Srl, gruppo Bologna Fiere, proprietaria da sempre del marchio. Ferrara Fiere, assumendo in proprio la gestione dell’evento, ha individuato nell’abbinamento del Salone del Restauro alla manifestazione internazionale REMTECHEXPO – evento dedicato alla riqualificazione del territorio e alla bonifica dei siti contaminati – l’opportunità di offrire agli espositori presenti un pubblico più ampio di visitatori specializzati (ingegneri, architetti, geometri e altri addetti del settore); sono, infatti, numerosi i punti in comune tra le due manifestazioni: dalla sismica alla rigenerazione urbana, dai temi inerenti la tutela ambientale all’industria sostenibile. Ciascuno dei due eventi manterrà in ogni caso la propria autonomia, il proprio staff e il proprio comitato scientifico.