Alle spalle di Cervia si stende l'antica salina. Coltivata da tempo
immemorabile, ha generato abitanti poi inghiottiti dalle sue acque salmastre.
Qui sorgeva, già nell'VIII secolo, la prima Cervia, ed era qui, tra le
saline e il mare, che i documenti collocavano la chiesa altomedievale di San Martino prope litus maris
(vicino alla riva del mare), datata alla prima metà del VI secolo.
La sua scoperta fortuita nel 1989 ha restituito alla collettività la consistenza
di un edificio dimenticato, visibile fino ad allora solo su qualche mappa o
nella toponomastica
Fino al 27 marzo 2016 i pavimenti musivi della chiesa
di
San Martino prope litus maris sono esposti al MUSA
Per la prima volta è possibile ammirare in un unico spazio due pezzi di mosaico
mai visti insieme
Al MUSA, Museo del Sale di Cervia, dal 4 aprile 2015 al 27 marzo 2016
MUSA – Museo del Sale di Cervia
Sezione Archeologica
Via Nazario Sauro 24
Ingresso libero e gratuito
Le fonti documentarie dicono che si chiamasse San Martino prope litus maris.
Di
questa chiesa databile alla prima metà del VI secolo, però, fino al maggio 1989 si
erano perse le tracce. Segnalata in
alcune mappe di età moderna e probabilmente distrutta dal terremoto del 1484, se
ne avevano descrizioni sommarie ma non si erano mai intercettate le strutture murarie.
Poi, 25 anni fa, la svolta. Durante i lavori per realizzare delle vasche per
l'allevamento ittico nel territorio di Cervia, in località Podere Mariona, a ovest della via Romea,
emergono numerosi oggetti in laterizio e tessere musive. Ricerche più
approfondite portano in luce a circa 2 metri di profondità dal piano stradale un complesso di
mosaici pavimentali di notevole qualità.
Proprio il pregio dei lacerti musivi
rinvenuti induce la Soprintendenza Archeologica dell’Emilia-Romagna a sospendere
i lavori e a iniziare una campagna di scavo sistematica che a partire dal 1991
indagherà l'intero complesso musivo.
L’indagine interessa pressoché tutta l’area occupata dall’edificio di culto, per
un'estensione di 750 mq. Le condizioni ambientali e geologiche del sito,
caratterizzate dalla continua risalita dell’acqua di falda, rendono necessario
un intervento sui mosaici e il loro rapido distacco.
Gli archeologi capiscono subito che la scoperta fa parte di quei ritrovamenti
insperati e casuali che restituiscono alla collettività l’esistenza e
consistenza di un edificio noto dalle fonti ma dimenticato, che fino a quel
momento era visibile solo su qualche documento o nella toponomastica. In breve
appare chiaro che i pavimenti musivi rinvenuti fanno parte di un
edificio di culto la cui pianta, dopo alcune campagne di scavo, risulta chiaramente
leggibile: si tratta di una chiesa di apprezzabili dimensioni, a pianta
cruciforme con abside (croce latina), arricchita di tessere musive policrome di
scuola ravennate e fiancheggiata da portici lastricati in cotto.
Le ricerche condotte all'interno della chiesa e nell'area circostante recuperano
reperti ceramici, vitrei, tubature fittili, monete e frammenti di epigrafi che
aiutano a far luce sulla formazione storica e artistica del territorio cervese.
Una ricerca storico-archivistica
parallela consente di riconoscere nell’edificio la chiesa denominata nelle fonti
S. Martino prope litus maris, indicata in alcune mappe di età
moderna e di cui si può ipotizzare la quasi totale distruzione nel corso del
terremoto che colpì Cervia nel 1484.
La chiesa doveva essere larga 15 metri e
lunga 32 metri (38 metri con l’abside).
I lacerti musivi rintracciati sono stati ricondotti a otto diversi pannelli, di
cui tre originariamente situati nei bracci trasversali della croce e cinque nel
vano principale della chiesa. I mosaici pavimentali della chiesa di S. Martino prope litus maris
sono il ritrovamento più consistente emerso finora dal sottosuolo di Cervia.
Particolari dei mosaici esposti (foto di Manuela Guarnieri)
Attualmente i mosaici, in parte ancora in attesa di restauro, sono custoditi presso i
Magazzini Comunali di Cervia. Solo due riquadri sono stati restaurati, il primo dalla Fondazione RavennaAntica,
che lo ha esposto nella mostra archeologica del 2007, “Felix Ravenna”,
e l'altro all’inizio degli anni novanta dalla Scuola per il Restauro del Mosaico
della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Ravenna.
Dal 4 aprile questi due mosaici già restaurati sono esposti nella sezione archeologica del MUSA, Museo del Sale di
Cervia proprio per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla necessità di
procedere alla sistemazione definitiva di tutti i lacerti. Grazie a questa
mostra è possibile ammirare in un unico spazio pezzi di mosaico che non si erano
finora mai stati visti insieme; la speranza degli archeologi è che si riesca a
effettuare il restauro completo e magari ricostruire l'intero spazio che
ospitava i mosaici.
L'allestimento all'interno del MUSA (foto di Manuela Guarnieri)
Nel corso degli scavi sono stati recuperati anche numerosi frammenti di crustae
e di piastrelle marmoree relativi a rivestimenti presumibilmente attribuibili
alla prima fase di vita dell'edificio, nonché pannelli pavimentali in opus
sectile che potrebbero essere riferiti alla fase di ristrutturazione
altomedievale. Un centinaio di questi frammenti opportunamente selezionati sono
esposti a fianco dei mosaici per documentare anche la presenza di questi
elementi architettonici.
Con questa esposizione si dà conto di un importante ritrovamento per il
territorio cervese e si incrementa il patrimonio storico culturale del museo e
della città con un nuovo importantissimo tassello di storia.
Uno dei mosaici pavimentali della chiesa di San Martino prope litus maris
in fase di scavo
Per approfondimenti: S. Martino prope litus maris. Storia e archeologia di una chiesa scomparsa dal territorio cervese, di Sauro Gelichi, Maria Grazia Maioli, Paola Novara, Maria Luisa Stoppioni, All'Insegna del Giglio - Firenze - 1996
MOSAICI A MUSA (scarica il pieghevole)
Testo di Giovanna Montevecchi
La chiesa di San Martino prope litus maris fu costruita intorno alla metà
del VI secolo a breve distanza dalla linea di costa antica, come suggerisce la
sua titolatura; tuttavia non vi è certezza che fosse dedicata a San Martino già
in origine. L’edificio di culto, orientato Est-Ovest, era a croce latina con
abside di forma poligonale all’esterno, probabilmente eptagonale, e
semicircolare all’interno; un porticato affiancava entrambi i lati del
fabbricato religioso.
La chiesa era lunga circa 38 metri, anche se i muri della facciata non sono
stati rinvenuti e la planimetria della chiesa è deducibile dai lacerti musivi
rimasti in sito e dalle fosse di spoliazione dei muri originari. Al centro
dell’edificio vi era la solea, un lungo corridoio rettangolare che partiva dalla
navata centrale e immetteva nel bema, il luogo riservato al clero durante la
funzione religiosa. Il bema, di forma quadrangolare, terminava nell’abside e
poteva ospitare l’altare, la cattedra episcopale e i sedili per i concelebranti.
Solea e bema erano generalmente recintati da plutei e transenne in marmo
sostenuti da colonnine. La chiesa era pavimentata con splendidi pannelli musivi
di dimensioni diverse, che si adattavano agli spazi articolati della navata e
alle superfici regolari dei bracci della croce. Alcuni mosaici erano conservati
in ampie porzioni: due pannelli lunghi e stretti corrispondono ai corridoi di
fianco al bema - di cui qui si espone quello di destra - due pannelli di forma
rettangolare affiancavano la solea - di cui si propone quello di sinistra - un
pannello veniva a trovarsi nel corridoio centrale davanti alla solea.
Ulteriori sei pannelli rettangolari pavimentavano, probabilmente, l’area
perimetrale della navata, di cui però non è rimasta traccia, come non si è
conservata l’eventuale pavimentazione dell’abside. La decorazione policroma dei
pannelli propone una composizione geometrica intercalata da cornici divisorie, a
formare un effetto di continuità nel tappeto musivo dell’intera chiesa. Durante
le fasi dello scavo archeologico, fra il 1989 e il 1991, sono state recuperate
anche numerose lastrine in marmo di dimensioni, forma e colore diversi (porfido,
marmo ‘serpentino’, marmi chiari, brecciati): si tratta di crustae
marmoree appartenute al rivestimento degli alzati perimetrali, che dovevano
arricchire ulteriormente gli apparati decorativi dell’importante luogo di culto.
Si conservano anche resti di opus sectile, cioè lastre marmoree che
potrebbero essere state impiegate in una sua successiva pavimentazione
dell’edificio. La chiesa di San Martino prope litus maris è citata in
varie fonti storiche -mappe e documenti- a partire dal XI-XII secolo. Nel XVI
secolo pare che la chiesa non fosse più agibile, forse a causa del violento
terremoto del 1484. L’edificio religioso potrebbe essere stato completamente
spogliato e demolito ai tempi della costruzione della Nuova Cervia, avvenuta fra
il 1697 e il 1705.
Il mosaico corrispondente alla settore a destra della solea ha un motivo con
cornice a treccia e tappeto con riquadri includenti annodamenti di vario tipo
alternati a riquadri con kantharoi (grandi vasi ansati su alto piede). Il
mosaico è stato restaurato dalla Fondazione Ravennantica – Parco Archeologico di
Classe, in occasione della mostra archeologica Felix Ravenna. La croce, la
spada, la vela: l’alto Adriatico fra V e VI secolo, allestita a Ravenna nel
complesso di San Nicolò nel corso del 2007.
Il mosaico corrispondente al corridoio posto a destra del bema ha un motivo con
cornice a doppia linea, motivi a pelta e fiore a quattro petali negli angoli, la
cornice delimita un motivo a grandi riquadri variamente decorati all’interno. Il
mosaico è stato restaurato negli anni novanta del XX secolo dalla Scuola per il
Restauro del Mosaico di Ravenna (Soprintendenza per i Beni Architettonici e
Paesaggistici di Ravenna).