FORLÌ AL CROCEVIA DELLA PREISTORIA DI ROMAGNA
dal 23 ottobre al 5 dicembre 2010
mostra
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Comunicato stampa

manifesto mostraForlì al crocevia della preistoria di Romagna
mostra archeologica a cura di Monica Miari, Annalisa Pozzi e Luciana Prati

Forlì, Musei San Domenico
Piazza Guido da Montefeltro 12

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dal 23 ottobre al 5 dicembre 2010
inaugurazione sabato 23 ottobre ore 11.00

orari: da martedì a venerdì 9.30 – 17.30
sabato, domenica e 1 novembre 10.00 – 18.00
chiuso il lunedì

La mostra  nasce dalla collaborazione fra Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna e Comune di Forlì, ed è resa possibile dalla disponibilità della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì. Curata dalle archeologhe della Soprintendenza, Monica Miari e Annalisa Pozzi, e da Luciana Prati, dirigente del servizio Pinacoteca e musei del Comune di Forlì, espone per la prima volta i risultati di alcune tra le più recenti ed eccezionali scoperte della preistoria forlivese.
A quasi 15 anni dalla mostra “Quando Forlì non c'era. Origine del territorio e popolamento umano dal Paleolitico al IV sec. a.C.”, realizzata nell’autunno del 1996, una nuova esposizione illustra al pubblico i risultati inediti delle ultime  scoperte.
Per la sua posizione geografica, il territorio di Forlì ha costituito per millenni un punto incontro tra i diversi aspetti culturali provenienti dai territori padani, adriatici e centro-italici.
Il percorso espositivo ha inizio con i corredi delle tombe della necropoli dell'età del Rame (datata tra il IV e il III millennio a.C.) rinvenuta in località Quattro, alla periferia occidentale di Forlì; prosegue con i materiali dell'abitato del Bronzo Antico di Via Ravegnana, degli inizi del II millennio a.C. e del coevo ripostiglio di San Lorenzo in Noceto, e si conclude con l'esposizione dei 200 bronzi del ripostiglio di Forlimpopoli, deposto nella prima metà del IX sec. a. C.

L'età del Rame ha inizio nella pianura padana intorno alla metà del IV millennio. È connotata dalla diffusione delle nuove tecniche per la fusione e la lavorazione del metallo, dalla comparsa di importanti innovazioni, fra cui l’invenzione della ruota e dell’aratro e da nuove forme di spiritualità evidenti nelle statue stele e nelle raffigurazioni rupestri che fanno costante riferimento al sole e alle armi.
Nel quadro molto complesso offerto dall’Italia per questo lungo periodo, che dura fino alla fine del III millennio a.C., le testimonianze note in Romagna apparivano fino ad oggi particolarmente lacunose, essendo costituite in gran parte da rinvenimenti sporadici di asce a martello in pietra levigata, pugnali e punte in freccia in selce, poche attestazioni da abitato (Via Decio Raggi a Forlì, Fornace Cappuccini e il Persolino a Faenza) e a carattere funerario (Borgo Rivola, nella valle del Senio). Unica la testimonianza offerta dalla Panighina di Bertinoro, ove le genti dell'età del Rame costruirono un profondo pozzo ligneo per captare una sorgente di acque minerali, le cui virtù terapeutico-sacrali dovettero costituire un forte elemento di richiamo anche oltre Appennino.
Forlì, necropoli di Via Celletta dei Passeri. Corredo della Tomba 27: brocca in ceramica, ascia e pugnale in rameNuove scoperte stanno oggi restituendo dati di estremo interesse. Pochi chilometri a nord della Panighina, in località Provezza di Cesena, è stato portato in luce un villaggio agricolo con capanne a pianta absidata, attivo nel corso del III millennio a.C., mentre l'eccezionale rinvenimento della necropoli di Via Celletta dei Passeri, individua Forlì come uno dei centri più importanti della preistoria della regione.

La necropoli dell'età del Rame di via Celletta dei Passeri  (dott.ssa Monica Miari)
Intorno alla metà del IV millennio ha inizio nella pianura padana l’età del Rame, connotata dalla diffusione delle nuove tecniche per la fusione e la lavorazione del metallo.
Nel 2009 è stata scoperta, alla periferia sud-occidentale di Forlì, la più estesa necropoli eneolitica dell'Emilia-Romagna.
Gli scavi hanno messo in luce più di 70 tombe a inumazione: i defunti erano sepolti distesi supini e recavano ai piedi, come corredo funerario, un recipiente ceramico, generalmente una brocca.
In alcune tombe erano deposti anche pugnali e asce di rame, rivelando il ruolo di guerriero rivestito da alcuni membri della comunità, mentre le punte di freccia in selce, di lavorazione raffinata, dovevano costituire l'armamento degli arcieri.
Gli scavi si sono svolti a più riprese tra l’estate del 2009 e quella del 2010. L'esplorazione della necropoli è ancora incompleta, dal momento che essa prosegue oltre i confini dell'area interessata dai lavori. Ne conosciamo comunque l'ampiezza, avendone intercettato i limiti in tutte le direzioni: il sepolcreto dovrebbe avere un'ampiezza complessiva di circa 5.000 mq.
Le tombe sono distribuite in modo non omogeneo: in particolare si possono individuare due aree di maggiore concentrazione, poste rispettivamente a ovest e a est di una piccola fossa (T. 21) contenente solo poche ossa sparse pertinenti a un adulto.
Le fosse sepolcrali non si sovrappongono tra loro, il che fa pensare che dovessero esistere dei segnacoli fuori terra che ne consentivano il riconoscimento nel tempo.
Gli inumati sono deposti supini, distesi, generalmente con le braccia lungo il corpo. Solo l'individuo della tomba 5 risultava disteso, ma prono. Dalle osservazioni condotte in fase di scavo si è evidenziato come alcune sepolture presentassero chiare tracce di riapertura delle fosse in antico: la manipolazione e l'asportazione dei parti selezionate delle ossa del defunto pare quindi da ricondursi a pratiche rituali, ben note nelle necropoli eneolitiche dell'Italia centrale e meridionale, legate ad aspetti complessi del culto degli antenati.
Forlì, necropoli di Via Celleta dei passeri. Sepoltura con dettaglio del vaso e del suo posizionamento ai piedi del defuntoQuasi tutte le deposizioni sono accompagnate dal corredo funebre. Il corredo ceramico è costituito generalmente da un singolo vaso, a foggia di brocca o boccale, deposto ai piedi del defunto.  Sette tombe si distinguono per la presenza, nel corredo, di asce e pugnali di rame, di accurata fattura. Le asce sono a margini piatti, tallone rettilineo e taglio convesso più o meno espanso; i pugnali, del tipo Remedello a lama triangolare e codolo monoforato, erano deposti ai piedi dell'inumato o sul torace.
Asce e pugnali costituiscono simboli di potere che distinguevano all'interno delle comunità il rango di alcuni individui: l'ipotesi è avvalorata dalla presenza, in alcuni casi, di ornamenti di pregio, come il diadema in argento rinvenuto nella tomba 42.
La presenza di pugnali in selce e in rame, di asce e alabarde nel corredo funerario doveva, inoltre, sottintendere una sfera di significati non semplicemente riconducibili al ruolo di guerriero. Se pur nettamente prevalente nelle sepolture maschili, ne è attestata infatti la presenza anche in sepolture di individui con caratteri antropologici femminili, come nel caso della tomba 1 di Spilamberto, in cui la defunta è accompagnata da un pugnale in rame e due punte di freccia in selce o in quello delle tombe 27 e 75 di Forlì, con ascia e pugnale di rame. Possiamo quindi ipotizzare che nel rituale funerario di queste necropoli dovessero confluire simbologie più complesse, legate al potere detenuto da alcuni membri all'interno della comunità.
Ventitré tombe (circa un terzo del totale) hanno restituito punte di freccia in selce, in numero oscillante da una a tre e in posizione variabile all'interno della fossa. In alcuni casi si è osservato, in fase di scavo, come le cuspidi fossero raggruppate una sull'altra, tanto da far pensare alla presenza, in origine, di una faretra in materiale deperibile.
Forlì, Necropoli di via Celletta dei Passeri - Particolare del pugnale della tomba 64Sulla loro funzione, vuoi di armi di combattimento vuoi di particolari tipi di caccia, tutte le ipotesi sono aperte. Anche in questo caso rimane attestato, comunque, come esse ricorrano sia nelle tombe maschili che femminili, sia in quelle di adolescenti.
Una fossa rettangolare, situata al centro del gruppo orientale di sepolture, ha rivelato in fase di scavo una sorpresa inattesa. Nonostante le dimensioni e la forma della struttura, in nulla dissimili dalle altre tombe della necropoli, essa celava al suo interno esclusivamente la sepoltura di un piccolo animale. L'analisi osteologica ha rivelato trattarsi della deposizione, volontaria e in giacitura primaria, di un cucciolo di cane, di età compresa tra i quattro e sei mesi.
Nella preistoria italiana le deposizioni di cani costituiscono un fenomeno assai comune, attestato fin dal Neolitico antico. La loro presenza registra un incremento nel corso dell'età del Rame, generalmente in relazione a tombe sia di adulti che di bambini: ne è stato quindi sottolineato il ruolo sia di animale da guardia, posto a difesa del sepolcro, vuoi di animale da compagnia, sepolto insieme al suo “padrone”, vuoi ancora di aiutante di cacciatori e pastori .
Nel caso di Forlì risalta il suo legame non tanto con un singolo individuo, quanto con la necropoli nel suo insieme, o per lo meno con le tombe del gruppo orientale. Risulta, quindi, ancora più accentuata la valenza simbolica e rituale che la sepoltura – forse il sacrificio – di un giovane esemplare di cane – doveva costituire per la comunità antica.

L'inizio dell'età del Bronzo, sviluppatasi fra gli ultimi secoli del III millennio e il XVII secolo a.C., si caratterizza come un’epoca di grandi mutamenti socio-economici, segnalati dal pieno affermarsi della metallurgia, dalla crescita demografica e dal sorgere di grandi villaggi.
Ben conosciuto a nord del Po dalle palafitte della «cultura di Polada», in Romagna il Bronzo Antico è noto dagli abitati di Valle Felici di Cervia e di Cattolica, cui si aggiunge oggi il villaggio di via Ravegnana, a Forlì.
La frequentazione delle grotte che si aprono nella Vena dei Gessi era invece finalizzata a usi funerari e cerimoniali come testimoniato dalla Tanaccia di Brisighella e dalle grotte del Re Tiberio e dei Banditi.
Tra il XVIII e il XVII sec. a.C., compaiono i “ripostigli”, un accumulo di oggetti di bronzo occultati in luoghi isolati con funzione di tesoretti o deposti presso corsi e specchi d'acqua come depositi votivi.
I luoghi di rinvenimento sembrano indicare un percorso proveniente dalla Penisola e diretto verso i valichi alpini.

Una delle case absidate di Via Ravegnana a ForlìIl villaggio dell'antica età del Bronzo di via Ravegnana (dott.ssa Monica Miari)
L’antica età del Bronzo, a partire dal 2200 a.C., si caratterizza come un’epoca di grandi mutamenti socio-economici, segnalati dal pieno affermarsi della metallurgia, dalla crescita demografica e dal sorgere di grandi villaggi.
L'abitato di via Ravegnana, rinvenuto tra il 2008 e il 2009 nel corso dei lavori per la tangenziale, è caratterizzato da una regolare organizzazione degli spazi: le ampie abitazioni a pianta absidata sono edificate secondo allineamenti paralleli, mentre, intervallate alle case, le aree di servizio ospitavano piccoli magazzini, recinti e pozzi.
L'insediamento è stato esplorato su un'ampia fascia, per una superficie complessiva di 6.000 mq.
Le case a pianta absidata sono quattro, lunghe 20-22 metri e larghe 6: sono visibili le tracce di infissione dei grandi pali che chiudevano il perimetro esterno, mentre le travi che sorreggevano il tetto erano sostenute da file di pali centrali.
Solo un'abitazione è a pianta rettangolare, di dimensioni comunque simili a quelle delle case absidate.
Strutture più piccole, a forma sia circolare che quadrangolare, dovevano costituire piccoli magazzini, recinti o palizzate di protezione di focolari esterni. Buche di scarico e pozzi per la captazione dell'acqua si trovavano, infine, in una zona depressa e maggiormente umida dell'insediamento, in corrispondenza di un antico corso d'acqua non più attivo.
I materiali rinvenuti in via Ravegnana, se pur non molto numerosi e fortemente frammentari, si inseriscono bene nel panorama noto delle produzioni ceramiche dell'antica età del Bronzo del Bolognese e della Romagna. Segnaliamo la presenza di boccaletti a con carena bassa, con confronti tra i materiali del Bronzo antico di Faenza - Fornace Cappuccini e del Farneto di Bologna, di tazzine a profilo sinuoso, attestate a Borgo Panigale, di vasi decorati a cordoni lisci e anse a gomito con prolungamento più o meno accentuato.

Planimetria del villaggio dell'età del Bronzo di via Ravegnana a Forlì
Forlì, Via Ravegnana - Planimetria del villaggio dell'antica età del Bronzo

Il ripostiglio dell'antica età del Bronzo di S. Lorenzo in Noceto (dott.ssa Monica Miari)
Diffusi tra il XVIII e XVII sec. a.C., i “ripostigli” di oggetti di bronzo costituivano tesoretti o depositi votivi.
Il ripostiglio di bronzi di San Lorenzo in Noceto venne rinvenuto nel 1674 nei pressi della riva del fiume Rabbi, lungo uno dei tracciati a lunga percorrenza che da oltre Appennino conduceva alla Pianura Padana.
Ripostiglio di San Lorenzo in Noceto: ascia a margini rialzati e pugnale a lama triangolare e manico fusoAl momento della scoperta si contavano una quarantina di asce (ne rimangono solo due) a margini rialzati, tallone semicircolare con incavo e taglio espanso, e cinque o sei pugnali a manico fuso, tutti purtroppo dispersi.
Dalla documentazione sopravvissuta possiamo però intuire come la complessità tecnologica, il pregio del materiale e la ricchezza della decorazione dei pugnali fossero destinati ad esprimere il prestigio dei loro possessori.
Insieme a questi oggetti furono conservati, come provenienti dal territorio, anche altre asce.
Per la documentazione d'archivio si fa riferimento a "Storia di Forlì di Sigismondo Marchesi, 1678 (BCFo, Forlivesi 255, pagg. 809-810)

Il ripostiglio di bronzi di Forlimpopoli (dott.ssa Annalisa Pozzi)
Con il Bronzo Finale si registra la ripresa dell'usanza di deporre bronzi in luoghi isolati, con importanti novità rispetto alle fasi precedenti. I depositi di bronzi sono ora non solo più numerosi, ma caratterizzati da un numero maggiore di pezzi, da una notevole varietà di oggetti - dalle armi agli ornamenti e agli utensili – e da una presenza spesso preponderante di reperti frammentari uniti a pani di bronzo e lingotti.
Il ripostiglio rinvenuto nel 2003 a Forlimpopoli, è costituito da più di 200 pezzi (asce, fibule, impugnature di spada, frammenti di cinturone e di vasi in lamina metallica ) databili all'età del Bronzo Finale (XI_X sec. a.C.).
Al momento del rinvenimento gli oggetti (tutti in bronzo) erano distribuiti in due distinti nuclei distanti circa 50 cm l’uno dall’altro, elemento che fa supporre che gli oggetti fossero raccolti e deposti in contenitori in materiale deperibile, ad esempio in pelle, non conservati.
La composizione del ripostiglio è molto eterogenea: si riconoscono numerose armi, asce, alcuni strumenti ed utensili, vasellame, oggetti da toeletta e oggetti di ornamento, quali fibule, spilloni e parti di un cinturone.
La maggior parte dei bronzi è in condizioni frammentarie ma non mancano esemplari integri. È stato inoltre possibile riconoscere in diversi casi un danneggiamento intenzionale, come attesta il ripiegamento di spade, di fibule, di coltelli, di lamine, o la deposizione di reperti con tracce di uso.
Da un punto di vista cronologico la maggior parte degli oggetti sembra collocabile in un arco di tempo compreso tra l’XI ed il IX secolo a.C., con una deposizione contemporanea dei due nuclei probabilmente agli inizi del IX secolo a.C.
Il ripostiglio comprende circa 200 oggetti bronzei con un peso complessivo di 13,5 Kg. La principale caratteristica è la varietà dei materiali: questa composizione lo rende simile ad altri ripostigli dell’Italia centrale datati tra l’XI e gli inizi del IX secolo a.C. Si notano, infatti, analogie con i ripostigli di Limone (LI) e di Poggio Berni (RN).
Tra le diverse classi di oggetti sono documentati con un’alta percentuale di armi, asce e coltelli.
Numerosi frammenti di lame permettono di identificare spade con lunga lama da fendente, alcune delle quali sottoposte ad un danneggiamento intenzionale. Non mancano attestazioni di impugnature, alcune riconducibili al tipo Allerona, diffuso in quasi tutto il territorio italiano con rinvenimenti concentrati nel settore settentrionale e centrale. L’impugnatura caratterizzata da un pomo a disco concavo interamente decorato con motivi geometrici è riconducibile alla foggia transalpina tipo Stockstadt, importante documento delle affinità e delle rotte commerciali con il mondo al di là delle Alpi.
Alle spade si aggiungono altre armi da offesa, quali punte di lancia e di giavellotto con immanicatura a cannone ed un pugnale. L’unica arma da difesa attestata è uno schiniere, ovvero un gambale di forma ovale utilizzato per la protezione della parte inferiore della gamba. Lo schiniere è caratterizzato da una decorazione geometrica a borchie e puntini e da una protome ornitomorfa schematizzata, che restituisce la forma di una testa di uccello.
All’interno del ripostiglio sono state deposte numerose asce insieme a diversi strumenti ed utensili. Le asce, che potevano essere usate come strumenti da lavoro o come armi da battaglia, sono tutte esclusivamente inquadrabili come asce ad alette.
Accanto alle asce, all’interno del ripostiglio, sono stati deposti alcuni strumenti ed utensili riconducibili ad attività di tipo artigianale. La presenza di scalpelli e di una lima richiama attività pertinenti alla lavorazione del legno, mentre un unico frammento di falcetto, probabilmente inquadrabile nel tipo Contigliano attestato anche nel ripostiglio di Poggio Berni, ricorda attività di tipo agricolo.
Tra gli utensili si rileva una certa quantità di coltelli, il cui stato particolarmente frammentario permette per uno solo di essi l'inquadramento tipologico. Si tratta di un coltello con manico a codolo, che presenta su una faccia della lama un motivo con rombi e triangoli alternati, e sul dorso una decorazione con trattini incisi disposti a spina di pesce. Il coltello è avvicinabile al tipo Bismantova, largamente diffuso nell’Italia settentrionale e centrale.
Un’altra categoria di materiali rappresentata all’interno del ripostiglio con un’alta percentuale è quella degli elementi legati alla sfera dell’abbigliamento. Accanto alla deposizione di un cinturone, di spilloni e di bracciali, significativa è la grande quantità di fibule.
La maggior parte delle fibule, spille utilizzate per fermare le vesti, è di piccole dimensioni ed è caratterizzata da un arco semplice liscio o ritorto. Si tratta di una tipologia variamente diffusa, di cui quella con arco ritorto trova paralleli nel mondo egeo. Qualche fibula è stata sottoposta ad un ripiegamento intenzionale, mentre alcune sono state raccolte in piccoli gruppi ed inanellate nell’ago di un’altra fibula. Oltre a questi oggetti di ornamento, per fissare le vesti erano utilizzati anche gli spilloni, oggetti in metallo di diverse tipologie distinguibili in base alla forma della capocchia.
L’elemento più significativo è il cinturone deposto in due frammenti all’interno del ripostiglio. Si tratta di un accessorio dell’abbigliamento femminile di particolare pregio e distinzione sociale, costituito da una placca in lamina bronzea decorata, leggermente incurvata per aderire al corpo all’altezza della vita.
Tutta la superficie del cinturone presenta una decorazione geometrica a sbalzo ed incisa scandita da fasce rettilinee parallele e con due cerchi concentrici, interpretabili come dischi solari. Il cinturone trova puntuali confronti, sia per la forma, sia per la decorazione, con quelli di tipo Kapelna diffusi a nord-est delle Alpi, dalla Slovenia all’Ungheria.


Frammento del cinturone femminile


Le asce al momento della scoperta

Bronzi dal Ripostiglio di Forlimpopoli

La presenza di oggetti da toeletta all’interno del ripostiglio è documentata da due rasoi lunati, di cui si conserva solo il manichetto e parte della lama. Sono riconducibili al tipo Fontanella, peculiare dell’area veneta e variamente diffuso nel settore padano.
All'interno di entrambi i nuclei del ripostiglio sono stati recuperati numerosi frammenti di lamine, alcune guarnizioni e rivetti, che attestano la presenza di vasellame in bronzo. Lo stato frammentario rende difficile il riconoscimento dei diversi tipi di vasi, ma sembrerebbero riconoscibili un colatoio ed una situla e probabilmente anche una tazza ed un calderone.
Tra questi vasi quello più importante è il colatoio, in quanto documento dei rapporti con il settore transalpino. Le caratteristiche del vaso, ovvero la presenza dei fori sulla vasca, funzionali all’utilizzo quale colatoio, e le due anse a maniglia rimandano ad esemplari di produzione nord-ungherese.
Il ripostiglio di Forlimpopoli rivela dunque importanti elementi, come la spada tipo Stockstadt, il cinturone tipo Kapelna e questo colatoio, connessi con il mondo al di là delle Alpi, indizio di importanti rapporti con questi territori.
La composizione del ripostiglio si completa con alcuni oggetti, le cui caratteristiche o lo stato frammentario non permettono una facile comprensione. In particolare si fa riferimento ai tre puntali caratterizzati da due fori contrapposti e decorati con tratti incisi a spina di pesce, che trovano confronti al di là delle Alpi ed in Italia con un esemplare dal ripostiglio di Coste del Marano, ma di cui non è chiara la funzione.

Testi: Monica Miari, Annalisa Pozzi, Luciana Prati
Apparato grafico: Agnese Mignani, Vanna Politi (SAER)
Apparato fotografico: Roberto Macrì (SAER); Ambra Raggi (Comune di Forlì)
Restauri: Enrico Bertazzoli, Mauro Ricci, Virna Scanecchia, Micol Siboni, Monica Zanardi (Laboratorio SAER); Cristina Leoni (La Fenice - Archeologia e Restauro s.r.l.); Florence Caillaud

Scavi
Necropoli di Via Celletta de' Passeri (Forlì): direzione scientifica Monica Miari (SAER); committente Ministero Infrastrutture e Trasporti; ditte esecutrici La Fenice - Archeologia e Restauro s.r.l., Akanthos s.r.l.
Abitato di Via Ravegnana (Forlì): direzione scientifica Monica Miari (SAER); committente ANAS; ditte esecutrici Akanthos s.r.l.; Akube s.n.c.; Kronos Studio Associato
Ripostiglio di Via XXV Ottobre (Forlimpopoli): direzione scientifica Chiara Guarnieri (SAER); committente Bennet s.p.a.; ditta esecutrice Akanthos s.r.l.
Segreteria: Flora Fiorini, Giovanna Giottoli, Angelica Mazzotti, Roberta Vannucci
Realizzazione apparati: Defilu’s – Filippo Gardini
Allestimento: Flora Fiorini, Luciana Fiumicelli, Mario Foschi, Adolfo Irmi, Claudio Rocchi
Guardiania: Le Macchine Celibi, Bologna
Luci : DF Elettrotecnica – Luigi Di Maggio
Assicurazione: INA Assitalia, Agenzia di Forlì
Visite guidate e laboratori didattici:
Direzione scientifica: Monica Miari, Luciana Prati
Carolina Ascari Raccagni, Silvia Cicognani, Claudia Lotti, Cecilia Milantoni, Luigi Mazzari
Ufficio stampa: Carla Conti (SAER); Mario Proli (Comune di Forlì)
Grafica manifesto e depliant: Sergio Spada
Si ringrazia Alessandro Lucchi per la preziosa collaborazione

 

 
Promosso da:

Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna e Comune di Forlì con il sostegno della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì

Quando: da sabato 23 ottobre a domenica 5 dicembre 2010
inaugurazione sabato 23 ottobre, ore 11
Orari: da martedì a venerdì 9.30 – 17.30
sabato, domenica e 1 novembre 10.00 – 18.00
chiuso il lunedì
Ingresso: gratuito
Città: Forlì
Luogo: Musei San Domenico
Indirizzo: Piazza Guido da Montefeltro 12
Provincia: Forlì-Cesena
Regione: Emilia-Romagna
Visite guidate alla mostra: da martedì a venerdì 9.30 – 17.30
quota di partecipazione: € 1,00 a studente
Attività didattica: prenotazione: obbligatoria al centro unificato tel. 0543.712.659
Laboratori didattici: Riti di sepoltura nel mondo antico; Culti salutari e delle acque
il giovedì 9.30 – 17.30
durata degli incontri: 1.30 h
quota di partecipazione: visita guidata + laboratorio € 2,00 a studente