FERRARA,
Museo Archeologico Nazionale
Via XX Settembre n. 122
Presentazione del volume
LA
PANSIANA IN ADRIATICO
Tegole romane per navigare tra le sponde
di Maria Teresa Pellicioni
Ed. Arstudio, Portomaggiore 2012
venerdì 6 dicembre 2013, ore 16
Intervengono
Filippo Maria Gambari, Soprintendente per i Beni Archeologici
dell'Emilia-Romagna
Maria Teresa Pellicioni e Giovanna Bucci, Autrice e coautrice del volume
Caterina Cornelio, Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Ferrara
Ottorino Bacilieri, Assessore alla Cultura del Comune di Voghiera
La presentazione è preceduta dai saluti di Michele Pastore, Presidente
della Ferrariae Decus
I manufatti delle officine laterizie di
Vibio Pansa sono attestati nella vasta area costiera che va dalle Marche alla Croazia
(con punte di diffusione anche all’interno),
con notevoli concentrazioni in Emilia-Romagna e in particolare nella necropoli
romana di Voghenza (frazione di Voghiera) e nel suo territorio.
Gli studi e le pubblicazioni sull’argomento sono molteplici e di alta qualità,
ma il volume dell'archeologa della Soprintendenza Maria Teresa Pellicioni, con i
suoi nuovi apporti di ricerca e studio, ha aperto nuovi orizzonti per una conoscenza più approfondita
anche dell’economia del mondo antico offrendo così un contributo alla
prosecuzione del dibattito tra gli studiosi.
In occasione della presentazione, l'autrice illustra al pubblico i più nuovi
documenti e studi sull'Officina laterizia Pansiana tra il I sec. a. C. e il I
sec. d. C., e su uno dei suoi prodotti in particolare: le tegole bollate.
Il nome PANSIANA è associato alle tegole come una qualsiasi marca nota viene
associata al prodotto di qualità che l’ha resa famosa. L’unica differenza è che
“la marca” di un laterizio, oggi e forse già in passato, circola solo in sedi
"di nicchia". Lo scopo del volume della Pellicioni è proprio di restituire al "bollo"
la sua piena dignità di fonte, che solleva quesiti, chiede risposte, propone
ipotesi sul territorio dove avveniva la produzione ma anche sulle aree di
distribuzione e i luoghi dell’impiego.
Parlare della PANSIANA significa far conoscere al lettore, magari non “tegulogista”,
le sfaccettature storiche, economiche, giuridiche e sociali che si celano dietro
a un semplice nome, impresso entro un “timbro punzonato” su un manufatto
fittile, semplice e standardizzato, quale è una tegola o un mattone o più
raramente un coppo.
Un nome –variamente abbreviato con nessi di lettere, solo o preceduto o seguito
da abbreviazioni di altri nomi, o da sigle talvolta interposte con lettere
“nane”, o ancora seguito da signa– rimanda necessariamente al rapporto tra il
soggetto-persona e il manufatto. Il manufatto a sua volta rimanda alla sede
manifatturiera, alle vicende storiche, amministrative e alle scelte operate
nell’ambito dell’economia del territorio dove si attiva la produzione, nella sua
interrelazione con le aree del consumo dei prodotti.
Secondo l’interpretazione più ricorrente, nei bolli laterizi uninominali il
binomio proprietario/ produttore ha sempre rappresentato il ruolo più immediato
assegnato ai nomi o alle lettere interpuntate, a loro volta intese come
abbreviazioni di altrettanti nominativi.
In relazione ai numerosi bolli italici, le categorie in cui sono stati suddivisi
rimandano ancora oggi alle suddivisioni ottocentesche attuate dal Mommsen nei
volumi del Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL): produzioni pubbliche, imperiali
e private.
Disegni di bolli rinvenuti nell'area di Voghenza
Dal bollo quindi il manufatto trae la sua valenza in termini di fossile guida
per ipotizzare la sede di una manifattura e per intercettare, dalla
distribuzione e dall’impiego dei prodotti le direttrici dei traffici
commerciali, indicatori del livello della produzione: artigianale o
manifatturiera/industriale secondo il raggio più o meno ampio indicato dalla
movimentazione.
Da queste valutazioni, lo sguardo si espande sull’economia del territorio e
sugli aspetti “sociali”, perché un'officina laterizia rappresenta una realtà
lavorativa in termini di occupazione di luoghi e di spazi necessari, impiego di
manodopera e organizzazione del lavoro diversa da quella dell’artigiano da
“bottega”. La presenza di manufatti bollati, in qualsiasi area, deve
comunque superare la semplice individuazione dei produttori (intesi come singoli
imprenditori autonomi e proprietari dell’officina) e non perdere mai di vista la
motivazione che ha richiesto l’uso del bollo sulle partite (secondo un numero
stabilito di esemplari da bollare), uso non sempre e ovunque diffuso, e proprio
per questo non ancora del tutto chiarito nel suo significato.
Chi si occupa di bolli sa bene come nel variegato panorama di quelli conosciuti
–PANSIANA docet– si passi dai nomi di consoli a quello di imperatori, dai nomi
di notabili delle aristocrazie locali a quelli di semplici personaggi altrimenti
sconosciuti (siano ingenui, liberti o schiavi) tutti però ugualmente assurti
alla dignità del “timbro”, non sempre e non a tutti concesso.
La diversità dello status sociale dei soggetti ha condizionato l’interpretazione
del ruolo da assegnare ai personaggi stessi nell’ambito dell’attività produttiva
alternandosi, a seconda dei luoghi, fra quello dei domini proprietari, dei
conductores o degli officinatores, sulla base della rilevanza
prosopografica e della presunta capacità imprenditoriale dei diversi individui.
Il significato uniformante potrebbe invece risiedere proprio nell’atto di
apporre il bollo/timbro su determinate partite, conferendo a una semplice
tegola, a un mattone o a un altro materiale bollato il pieno valore di documento
“ufficiale”, pur nella standardizzazione del manufatto e nella ripetitività
dell’iscrizione, diversa però, in quanto derivata da un punzone, da una semplice
sottoscrizione a lettere incise o graffite.
In questo quadro si colloca la protagonista del volume di Maria Teresa
Pellicioni: la PANSIANA ovvero una nota figlina per tegole, anzi la più nota fra
le manifatture che hanno prodotto tegole fra il I secolo a.C. ed il I secolo
d.C., i cui prodotti sono attestati lungo il tracciato prevalentemente
paralitoraneo che abbraccia l’arco Adriatico, dal Piceno alla Dalmazia.
PANSIANA è un marchio che identifica un prodotto di ottima qualità, eseguito
secondo i dettami e le regole vitruviane, un nome che garantisce la regolarità
di forma e dimensioni per manufatti soggetti a un’ampia distribuzione, in grado
quindi di soddisfare la richiesta dei destinatari; comunque sia, può essere
considerata “la tegola romana” per antonomasia (anche se non l'unica)presente in
area Cispadana, utilizzata prevalentemente nell’edilizia pubblica: sacra, sancta
e religiosa.
La PANSIANA è anche l’unica, fra le maggiori figlinae attestate in Cisalpina, ad
aver fornito certezze su almeno una sede di fabbricazione, sulla cronologia
dell’intera produzione e sul diretto coinvolgimento della casa imperiale nella
conduzione, elemento indiziario, quest’ultimo, per “parlare” di pubblica
gestione.
Nell’ormai plurisecolare tradizione degli studi e nella serie ininterrotta di
ipotesi sull’eventuale presenza di più sedi produttive, un dato è certo: il
territorio deltizio ferrarese, già a partire dagli anni ’80 del secolo scorso,
vanta il ritrovamento di scarti di cottura bollati a nome PANSIANA, rinvenuti a
Voghiera/Voghenza.
Quasi un decennio prima, lungo l’argine di Agosta, nell’attuale valle del
Mezzano, era stato rinvenuto un altro scarto di mattone col bollo recante il
nome dell’imperatore Antonino Pio.
Pur mancando all’appello le fornaci vere e proprie, questi elementi probanti
sono serviti a mettere alcuni punti fermi sulla storica disputa riguardante
l’ubicazione della figlina, da sempre ricercata anche fuori dal territorio
deltizio ferrarese.
La certezza della fabbricazione nel Delta concentra l’attenzione su questo
territorio. Il suo ruolo di naturale “cerniera” è da tempo ben delineato; già le
fonti antiche rimandano al mito le origini dell’occupazione e della fondazione
dei primi insediamenti, che hanno nell’emporio etrusco di Spina il primo
significativo modello cui fare riferimento.
Nel tracciare la storia del popolamento in epoca romana, tutti gli studiosi
concordano sulle funzioni rilevanti di tutto l’areale deltizio, proseguite a
lungo nel tempo: funzioni strategiche e politiche in senso lato, militari,
sacrali, commerciali, e quindi di difesa e controllo.
La nostra PANSIANA, qualunque sia il significato del suo nome e la sua
organizzazione, si impianta in questo territorio, attorno alla seconda metà del
I sec a.C. producendo prevalentemente tegole. La figlina, come complesso
produttivo, continua a produrre tegole fino agli inizi della dinastia Flavia,
per poi cedere il posto alla fabbricazione di mattoni –in particolare i
sesquipedali– contraddistinti però solo dai nomi degli imperatori (da Adriano
fino ad Alessandro Severo).
In generale, questi mattoni assolvono soprattutto alle necessità edilizie
dell’area ravennate e classense, base ormai stabile della flotta imperiale, ma
contrariamente alle tegole della PANSIANA distribuite lungo la costa, non
riescono più a solcare il mare, vuoi per l’ingombro, vuoi per l’insorgenza di
manifatture locali.
È quindi su questa valenza di produzione per “pubblica utilità” che l'autrice
pone l’attenzione, nel tentativo di scorgere, nella manifattura stessa, il
modello gestionale di un’intrapresa sviluppatasi attorno a un progetto di
sfruttamento programmato delle risorse, finalizzato ad una sorta di
autosostentamento governativo dal risvolto occupazionale e quindi significante
per il popolamento del territorio stesso e, nel nostro caso, di Voghiera/Voghenza
in particolare.
Maria Teresa Pellicioni (per contattare l'Autrice, clicca qui)
La giornata è promossa dalla Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna in collaborazione con Ferrariae Decus, Comune di Voghiera e Regione Emilia-Romagna