UN TESORO DI FEDE AL CASTELLO DEI RONCHI
Il vetro dorato paleocristiano e la reliquia della Santa Deodata
presentazione volume
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comunicato stampa

Esposizione della teca e del vetro dorato in occasione del convegnoIl 28 aprile 2012, meno di un mese prima del terremoto che lo ha parzialmente devastato, il Castello dei Ronchi di Crevalcore ha ospitato una Giornata di Studi dedicata a uno straordinario vetro paleocristiano del IV secolo (casualmente ritrovato in una teca che conteneva un groviglio d'ossa e un cartiglio con il nome di Santa Deodata) e al contesto storico e socio-economico del periodo della sua realizzazione.
Tante cose sono cambiate da quel giorno, per molti mesi non si è parlato d’altro che di un paese ferito, della villa implosa, delle lesioni ai luoghi della propria storia e identità.
Ma è giunto il tempo di riallacciare i fili, riassaporando il gusto dei propri tesori. Abbiamo voluto partire da qui, da questo vetro paleocristiano e dalla sua storia, inseguendo le ipotesi di quali strade possa avere mai percorso per arrivare a Crevalcore, in una teca reliquiario custodita nella Chiesa di Villa Ronchi.
La cultura non è "altro", al contrario partecipa al processo di “ricostruzione” come parte integrante e fondante della vita quotidiana di ciascuno. Ecco perché vogliamo raccontare ciò che è stato raccontato, raccogliendo gli studi in un volume che è un tesoro di fede, nel titolo,  e un invito alla speranza, per l'entusiasmo con cui è stato realizzato

Sabato 12 aprile 2014, ore 17

Auditorium “Primo Maggio”
Via Caduti di Via Fani n. 300
Crevalcore (BO)

presentazione del volume

UN TESORO DI FEDE AL CASTELLO DEI RONCHI
Il vetro dorato paleocristiano e la reliquia di Santa Deodata

a cura di
Paola Desantis, Marco Marchesini, Silvia Marvelli

testi di
Maria Giovanna Belcastro, Greta Bocchini, Cinzia Cavallari, Samantha Cortesi, Paola Desantis, Fabio Lambertini, Marco Marchesini, Silvia Marvelli, Rosanna Moradei, Laura Pancaldi, Pierangelo Pancaldi, Elisabetta Rizzoli, Alberto Tampellini, Carlo Zucchini

in questa occasione sarà eccezionalmente esposto il vetro, la reliquia e la teca che li conteneva

Intervengono
Claudio Broglia, Senatore della Repubblica
Beatrice Draghetti, Presidente della Provincia di Bologna
Paola Marani, Consigliera Regionale dell’Emilia-Romagna
Carla Di Francesco, Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell'Emilia-Romagna
Marco Edoardo Minoja, Soprintendente Archeologo dell’Emilia Romagna
Fiamma Lenzi, Servizio Musei e Beni Culturali – IBC Regione Emilia Romagna
Rita Baraldi, Vice Sindaco reggente del Comune di Crevalcore
Silvia Marvelli, Direttore del Museo Archeologico Ambientale

Il volume raccoglie gli studi e le indagini effettuate sulla preziosa coppa paleocristiana che ha accompagnato in un viaggio avventuroso e altrettanto misterioso le reliquie di Santa Deodata, a cui la storia non ha ancora decretato con certezza una precisa identificazione.
Ripercorre le vicende che hanno portato dal fortuito ritrovamento del prezioso reperto al suo restauro e alla sua definizione da un punto di vista cronologico e iconografico. Parallelamente, ricostruisce il percorso storico di Santa Deodata mentre affida a discipline più strettamente scientifiche (analisi antropometriche, indagini al radiocarbonio, paleobotanica) la definizione dei reperti ossei, la loro datazione e  l’analisi dell’ambiente vegetale sigillato nella teca.
I percorsi di conoscenza che il volume propone si snodano indipendenti per poi comporsi in un quadro coerente, nel quale le spoglie di un personaggio femminile, cronologicamente compatibile con il periodo in cui potrebbe essere vissuta la Santa, sono connotate in senso devozionale dalla presenza di un prezioso vetro databile al IV secolo d.C., decorato con il disegno di due figure umane togate e un'iscrizione circolare, solo parzialmente conservata.
Le ricerche d’archivio e le analisi polliniche scandiscono le tappe di un percorso verosimilmente iniziato nell’Urbe che ha una prima attestazione nel Seicento a Bologna, dove probabilmente viene assemblata la teca che nel Settecento sarà traslata all’Oratorio di San Matteo nel Castello dei Ronchi a Crevalcore, luogo del suo moderno ritrovamento.
Se da un punto di vista scientifico il volume è caratterizzato dalla più ampia interdisciplinarietà, esso rispecchia anche il forte spirito di collaborazione fra Enti e Istituzioni che ha permesso il raggiungimento degli obiettivi felicemente illustrati in questa pubblicazione.
Alla Soprintendenza Archeologica il compito di tutelare il prezioso reperto con gli strumenti di legge e organizzarne lo studio, all’Opificio delle Pietre Dure la responsabilità del restauro, al Comune di Crevalcore e al Museo Archeologico Ambientale, in collaborazione con Provincia di Bologna e Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia Romagna, la volontà di valorizzarlo.
Un ringraziamento particolare va al Comune di Crevalcore che, nonostante le gravi difficoltà causate dal terremoto, non ha mai perso di vista l’obiettivo di dare forma compiuta ai lavori di quella giornata di studi dell’aprile 2012, per realizzare il volume e forse suggerire la possibilità che non sia poi così lontana una musealizzazione permanente di questo davvero straordinario reperto archeologico.


Nell'agosto 2007, durante un'operazione di manutenzione conservativa, fu rinvenuto un fondo di coppa in vetro a figure d’oro. Il prezioso reperto era chiuso all’interno di un reliquiario, costituito da una bacheca in legno e vetro del XVII secolo, custodito nella chiesa dei Ronchi, in località Bolognina di Crevalcore, di proprietà del Comune di Crevalcore che nel 1985 aveva acquistato dalla Famiglia Caprara il complesso comprendente anche l’attiguo Castello dei Ronchi, .
La bacheca, evidentemente manomessa, conteneva reperti osteologici umani, accumulati alla rinfusa e mescolati a resti di tessuto e fiori finti in panno. Sulla fronte del teschio, il cartiglio “Corpus Sanctae Deodatae“ attribuiva i resti a Santa Deodata, martire del IV secolo.
Il reperto, pertinente a una Coppa in vetro a figure d’oro, è un frammento di fondo, ricomposto parzialmente da numerosi frammenti, del diametro di cm 8 circa.
Nella parte interna del fondo sono rappresentate, in foglia d’oro, due figure maschili panneggiate, stanti e affrontate di tre quarti. La figura di sinistra, meglio conservata, è caratterizzata da una fisionomia ben precisa, con barba e accentuata stempiatura, mentre la figura di destra è ampiamente lacunosa della testa, di cui resta solo parte del profilo.
Accanto al personaggio di destra corre la scritta PAULUS, mentre residua solo la S finale del nome di quello di sinistra. Comunque la stressa iconografia delle due figure, di un tipo abbastanza ricorrente nei vetri dorati paleocristiani, consente di identificare con certezza in essi i santi Pietro e Paolo. Fra le teste campeggia il monogramma di Cristo.
Nella cornice circolare si leggono i resti dell’iscrizione benaugurale  [DI] GNI [TAS AM]ICORUM PIE ZESE[S]
La coppa, di fattura assai accurata, è databile entro il IV secolo: la datazione è supportata sia dall’iconografia dei santi rappresentati che dal tipo di iscrizione augurale, caratterizzata dalla formula benaugurale “bevi e vivi” espressa in lingua greca latinizzata.
Il reperto costituisce una testimonianza archeologica di eccezionale interesse da vari punti di vista, tecnico, iconografico e storico, anche in rapporto al contesto di ritrovamento, vale a dire le reliquie di una santa coeva.


Il Castello dei Ronchi di Crevalcore, sede della Giornata di Studi, gravemente lesionato dal sisma del maggio 2012


Suggestione, stupore e mistero: il reliquiario di Santa Deodata
Possiamo solo immaginare l'emozione di Carlo Zucchini, storico dell’arte e membro dell’Accademia degli Indifferenti Resoluti di Crevalcore,  quando riordinando nell’agosto 2007 i reliquari della Chiesa di San Matteo nel Castello dei Ronchi di Crevalcore, si imbatté nei frammenti di vetro dorato che il paziente lavoro dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze avrebbe poi ricostruito in un fondo di coppa paleocristiano.
Un reperto da iscrivere certamente all’ambito religioso del IV secolo ma arricchito da un portato di eventi, messaggi e percorsi che attraversa più di 17 secoli di storia.
Fu subito chiaro che quel vetro, quelle ossa, quella teca-reliquiario che li conteneva meritavano una ricerca estensiva, aperta a ogni fronte d’indagine, sia sul reperto che sul suo contesto.
la teca settecentesca contenente le ossa e il vetro doratoSe le vie del Signore sono infinite, quelle del vetro di Santa Deodata sono apparse subito numerose.
Ricostruire la roadmap di questo raro reperto è stato complesso: escluso che provenisse dal territorio di Crevalcore, considerato che in antico questi manufatti erano oggetto di vivace circolazione e commercio, si è puntata l'attenzione sugli elementi di contesto, per cercare di capire quali strade l’avessero fatto finire in una teca settecentesca, assieme ad ossa che uno specifico cartiglio sulla fronte del teschio attribuisce a Santa Deodata, nella chiesa di una residenza patrizia crevalcorese di proprietà, fin dal XV secolo, della potente famiglia bolognese dei Caprara.
Per fare ciò sono state coinvolte le più disparate professionalità, si sono messe a confronto le più svariate conoscenze e competenze, studiosi di specifica professionalità hanno analizzato dati e connessioni.
Dallo studio prettamente archeologico del vetro (Cinzia Cavallari) al culto della Santa e alla traslazione della sua reliquia (Pierangelo Pancaldi), dalla composizione dei materiali e dal restauro (Rosanna Moradei) allo studio dei resti scheletrici (Maria Giovanna Belcastro, Greta Bocchini), dalle analisi dei residui vegetali contenuti nella teca (Marco Marchesini e Silvia Marvelli) alle vicende del Castello dei Ronchi che ospitò la teca dal 1729 (Alberto Tampellini), fino dall’indagine subacquea nei pozzi del Castello (Gruppo Archeologico Ravennate) alla ricerca di un eventuale deposito antico.
Se il vetro è sicuramente del IV secolo, le analisi al radiocarbonio sulle ossa hanno stabilito che la maggior parte è databile a un intervallo compreso fra 50 e 240 d.C. ed è riferibile a una donna di circa 40 anni, dato compatibile con l’identificazione di una santa (come riporta il cartiglio attaccato sul cranio), forse morta decapitata. Tra le tante sante Deodate annoverate dall’agiografia, c’è la santa siracusana decollata nell’anno 303 che parrebbe la più associabile alla cronologia del vetro anche se la data del martirio, 23 ottobre, propone un'interessante collegamento fra il culto della reliquia di Crevalcore e la santa Teodata, martire a Nicea al tempo di Alessandro Severo (222-235), un’identificazione coerente anche con i risultati delle analisi al radiocarbonio.
Identificazione della martire a parte e considerato che il termine post quem è fissato dalla datazione del fondo dorato (IV secolo), c'è stato un momento in cui la reliquia di Deodata e il prezioso vetro sono entrati in contatto e hanno fuso i propri destini in maniera non casuale e probabilmente nell’Urbe.  Se lo studio delle ossa evidenzia la possibilità che il teschio sia pertinente a una testa decapitata, proprio su questo particolare tipo di martirio si potrebbe ipotizzare un collegamento diretto fra la reliquia della Santa e la presenza sul vetro di San Paolo, anch’egli martirizzato per decapitazione.
Dovranno passare più di 1200 anni prima di avere notizia di questa reliquia, nel frattempo traslata da Roma a Bologna: un documento d’archivio riporta la presenza, nel 1640, di un cranio di santa Deodata vergine e martire, nella Chiesa delle Monache di San Mattia (in via Sant'Isaia),  dov’era celebrata il 23 ottobre, cioè la stessa data del martirio della Deodata di Nicea. Sempre le carte ci dicono che il 26 maggio 1729 fu fatta la traslazione della reliquia dall’oratorio dei SS. Malvasia a quello del Castello dei Ronchi, entrambi in territorio crevalcorese.
Le analisi dei pollini rinvenuti nella teca ci dicono invece che la reliquia fu assemblata in una teca non a Crevalcore ma in un ambito urbano del tutto consono a quello della Bologna del XVII - XVIII secolo: è dunque lecito supporre che la teca sia stata appositamente creata poco prima (se non addirittura in occasione) dello spostamento della reliquia nella sua prima sede crevalcorese, l’oratorio della Famiglia Malvasia identificabile in quello di Santa Maria di Crociale, dove dunque giunse già “confezionata”.
Negli anni seguenti, quasi certamente senza essere mai aperta, passò di mano tra due importanti famiglie aristocratiche bolognesi, dai Malvasia ai Caprara, che la destinarono al proprio oratorio appena restaurato nel Castello dei Ronchi certo con l’intenzione di arricchirne le valenze cultuali.
Sperando di trovare testimonianze materiali utili a ricostruire l’ambiente del periodo, la Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna ha indagato in più momenti i pozzi del castello. La ricognizione effettuata alla fine degli anni ’80 ha rinvenuto alcuni frammenti ceramici, prevalentemente di XVI e XVII secolo, fra cui un frammento di maiolica arcaica (XIV secolo) che rappresenta a tutt’oggi la testimonianza più antica restituita dal sito e che appare collegabile alla villa di campagna, cosiddetta domus magna, su cui poi i Caprara impiantarono il Castello di famiglia, presumibilmente agli inizi del XVI secolo
La ricognizione effettuata dal Gruppo Archeologico Ravennate il 28 aprile 2012 ha recuperato quasi solo materiali di epoca recente e contemporanea, segno di una ripulitura di cui non si aveva notizia ma che non è certo molto lontana nel tempo. Elemento interessante è stato comunque il reperimento sul suo fondo di alcune mattonelle romboidali in cotto del tutto simili a quelle che caratterizzano i limitrofi oratori di San Matteo e della Beata Vergine (la cosiddetta Rotonda). Quest’ultimo, eretto ex novo nel 1785, costituisce dunque un indicativo riferimento cronologico per l’utilizzo di quel tipo di pavimentazioni nel Castello e per la datazione di uno degli interventi di ripulitura del pozzo di maggior prestigio della dimora.
Se il convegno ha permesso di approfondire le tematiche prettamente archeologiche dello straordinario reperto e offrirlo agli studiosi come arricchimento delle conoscenze di questa particolare tipologia di materiali e degli aspetti connessi al suo utilizzo e riutilizzo, l’intenzione di fondo era anche quella di utilizzarlo come motore per un rinnovato amore per la storia antica e moderna del territorio. Il volume, realizzato con il fondamentale apporto della Regione Emilia-Romagna, vuole rappresentare una sistematizzazione di quanto allora esposto, delle riflessioni che sono derivate dal confronto di quei dati e dalla visione diretta dello splendido vetro. Quel 28 aprile 2012 l’aristocratica dimora dei Ronchi ha brillato di luce propria per lo spessore delle varie relazioni, per la visita guidata da Carlo Zucchini alle splendide sale affrescate e all’Oratorio. Meno di un mese dopo, molto sarebbe diventato rovina.
Scampato anche a questa terribile vicenda, il vetro dorato rappresenterà d’ora in poi qualcosa di più per i cittadini di Crevalcore e non solo. Un simbolo di speranza e un augurio profeticamente sintetizzato nella stessa iscrizione beneaugurante, associata al brindisi: DIGNITAS AMICORUM PIE ZESES "Orgoglio dei tuoi amici, bevi e vivi"

Promosso da:

Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna, Comune di Crevalcore, Museo Archeologico Ambientale

Quando: sabato 12 aprile 2014, alle ore 17
Città: Crevalcore
Luogo: Auditorium “Primo Maggio”
Indirizzo: Via Caduti di Via Fani n. 300
Provincia: Bologna
Regione: Emilia-Romagna
Museo Archeologico Ambientale di San Giovanni in Persiceto (Bologna), tel. 051 6871757, www.museoarcheologicoambientale.it  
 

Informazioni scientifiche di Marco Edoardo Minoja, Paola Desantis, Silvia Marvelli
Editing di Carla Conti
Le foto sono di Roberto Macrì (archivio SBAER, © 2012)