DOVE LO MANGIO, COME
LO CUCINO |
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L’agorà di Atene -la piazza del mercato- viene
spesso scelta come teatro della commedia attica. Qui si poteva trovare tutto ciò
che veniva prodotto anche al di fuori dei confini del Mediterraneo. E qui, più che di ogni altro tipo di cibo, i cuochi e gli intenditori
parlano del pesce, venduto in settori del mercato chiamati eis tous ikhthyas,
eis toupsa o, come luoghi specifici, anche opsopolia. Non abbiamo testimonianze storiche riguardanti il prezzo del pesce nel V-IV secolo, ma un importante dato è offerto dalla stele di Acraephia (Beozia, fine III -prima metà II secolo a.C.) che conserva una lista di pesci con, in alcuni casi, il loro prezzo di mercato. Certo ci sono diversi problemi, primo fra tutti il sistema di misura di riferimento che ad Acraephia -a differenza del sistema ateniese ricordato nelle commedie che prevede la vendita del pesce per unità, singolo pesce o pezzi di pesce – si serve della mina emporiki (circa 600/800 gr.); è inoltre difficile il paragone tra la metropoli attica di V-IV secolo e la piccola cittadina di provincia in età ellenistica. Tuttavia la stele ritrovata nel 1934 presenta un’interessante lista che verosimilmente doveva fissare il prezzo di pesci di mare e pesci di acqua dolce, secondo una variazione legata al peso e alla qualità del pesce: “un obolo per l’altra varietà [di tonno], un obolo e due monete di bronzo (chalchoi) per [? una mina di] tinnida (thunnis); 1 obolo e cinque monete di bronzo per [? una mina di] labro (kichle)…; cinque monete di bronzo per una mina di rana pescatrice (batrachos), cinque monete di bronzo per una semimina…”. Se non è ancora possibile una risposta sul prezzo esatto di questo prodotto alimentare, almeno dalle fonti risulta che, per quanto riguarda il pesce fresco, si trattava comunque di merce nella maggior parte dei casi pregiata e costosa, appannaggio di pochi, verosimilmente con un piccolo ruolo, sussidiario, nella dieta dell’antico cittadino greco. Diversamente il pesce preventivamente conservato sotto sale o affumicato – famoso era il tonno salato Bizantino, chiamato horaion e kybion – era meno costoso e si poteva ritrovare anche sulle mense dei meno abbienti: il pesce sotto sale era l’alimento degli schiavi e dei contadini (Demostene, Lacritos 933; Aristofane, Pace 564, Cavalieri 1255), poteva essere conservato per lungo tempo e il suo ruolo nell’economia di IV-V secolo doveva essere molto importante. a cura di Valentina Coppola |