Nuova straordinaria scoperta archeologica a Modena
Trovata la fornace dove cuocevano le proprie ceramiche i principali marchi del mondo romano
Home- Scavi/Valorizzazione - Nuove scoperte negli scavi di un edificio in Viale Reiter (luglio-agosto 2008)

Leggi il comunicato stampa del 25/11/2008

Ancient Roman Oil Lamp Factory Found

La maggior parte degli uomini usa recipienti di terracotta [scil. per farsi seppellire].
Per quanto riguarda la ceramica da mensa è ancora decantata la ceramica samia;
per essa vanno famose Arezzo in Italia e, limitatamente alle coppe,
Sorrento, Asti, Pollenza, Sagunto in Spagna, Pergamo in Asia.
Pure Tralles e Modena in Italia hanno proprie produzioni.
Anche questo porta celebrità ai popoli.
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXXV, 160
 

Questo celebre passo di Plinio il Vecchio non ha mancato di sollevare perplessità. Alcune delle località citate dall'autore non hanno conservato tracce di questa produzione ceramica mentre altri centri comunemente noti sono passati sotto silenzio. In ogni caso, questo testo deve essere sottolineato: per la prima volta un autore classico ritiene degna di menzione un'industria ceramica, nello specifico quella che produce vasellame da mensa a vernice rossa brillante.
Dal momento che tale tipo di ceramica è generalmente prodotta all'interno di grandi complessi, sia urbani che rurali, raccolti in agglomerati, la citazione della città di Modena ha sempre attirato l'attenzione degli archeologi e molti studiosi hanno supposto che Fortis, il maggior produttore di lucerne del mondo romano, avesse l'officina a Mutina, anche sulla base del rinvenimento di un mattone sesquipedale con il marchio AD FORN/CAT/L.AE. FORTIS, avvenuto nell'Ottocento a Savignano sul Panaro.
Fino a qualche mese fa mancava la testimonianza materiale; ora uno scavo davvero propizio ha restituito le prove sicure di questa produzione.


Lucerne Firmalampen con le firme dei diversi produttori

La scoperta è avvenuta nel corso dei lavori per la realizzazione di un edificio con interrato, progettato dall'architetto Fabio Massimo Pozzi, situato in Viale Reiter, in prossimità delle scuole Pasquale Paoli, a poca distanza delle fortificazioni romane di Mutina, recentemente portate in luce in Piazza Roma. Proprio per questo, la Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna ha disposto che i lavori fossero preceduti da accurate indagini archeologiche condotte sul campo da Nicola Raimondi, della ditta Archeosistemi di Reggio Emilia sotto la direzione Scientifica del Soprintendente Luigi Malnati e dell'archeologo Donato Labate.

Buca di scarico con numerose anfore

Scarti di cottura di lucerne Firmalampen

Lo scavo ha fornito dati di eccezionale interesse storico ed archeologico.
A circa m. 5,50 di profondità è stato intercettato un suolo di età romana seppellito sotto una consistente coltre di sedimenti alluvionali.
La prima sorpresa è stata il ritrovamento di 14 ghiande missili in piombo, quasi certamente testimonianze da riferire alla famosa Guerra di Modena (43 a.C.) verificatasi a seguito dell'uccisione di Giulio Cesare. La ghianda missile (glans plumbea) era un tipo di proiettile da fionda predisposto mediante una piccola fusione in piombo e utilizzato in alternativa alla più semplice raccolta di piccoli sassi rotondeggianti.

Ghiande missili in piombo

Scarto di cottura di un bicchiere in ceramica a pareti sottili

Nel terreno abbiamo rinvenuto anche diverse grandi buche, alcune con discariche di fornaci ed altre con immondezzai della città romana, all’interno delle quali abbiamo trovato marmi, intonaci, stucchi, tessere di mosaico, ceramica, monete ed oggetti in metallo.


Scarti di fornace di bottiglie in ceramica comune

In una grande fossa, probabilmente una cava di argilla per la produzione fittile, si sono rinvenuti numerosi scarti di cottura di ceramica, laterizi ed anfore, distanziatori da fornace ed alcuni elementi strutturali di fornaci, come mattoni refrattari, alcuni dei quali bucati e perciò riconducibili al pavimento della camera di cottura.
Ciò che ha maggiormente sorpreso gli archeologi è stata la presenza all'interno della buca di diversi scarti di cottura riconducibili a differenti produzioni: anfore vinarie tipo Dressel 2/4 e mattonelle pavimentali, brocche e bottiglie in ceramica comune o verniciata, ceramica a pareti sottili e coppette in terra sigillata nord italica. E soprattutto una gran quantità di lucerne, centinaia di Firmalampen del tipo a canale chiuso con le firme di diversi produttori: da Fortis a Strobili, da Communis a Phoetaspi fino ad Eucarpi. Si tratta probabilmente di produzioni di officine diverse, ubicate presumibilmente in un quartiere ceramico di Mutina, che però per la cottura dei propri prodotti utilizzavano tutte le fornaci situate all’esterno delle mura per motivi di sicurezza.


Scarti di fornace: Lucerne Firmalampen con decorazione di Giove Ammone (a sinistra) e di maschera teatrale (al centro e a destra)

Tra le produzioni non è da escludere anche quella di una statuetta in terracotta che raffigura Ercole che cattura il Cinghiale di Erimanto.  Nella Mitologia greca, il Cinghiale di Erimanto era un poderoso e ferocissimo cinghiale che viveva sul monte Erimànto, terrorizzando e devastando l’Elide e l’Arcadia: Ercole lo catturò vivo e lo portò ad Euristeo che per paura si nascose in una botte. Ercole cattura il Cinghiale d'Erimanto. Statuetta in terracottaLa sua cattura fu la terza delle dodici fatiche di Eracle. La deliziosa statuetta presenta  evidenti deformazioni da cottura sul muso dell'animale.
I reperti sono stati subito trasportati nei laboratori del Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena dove il restauratore della Soprintendenza, Roberto Monaco, ha effettuato il restauro coadiuvato dalla dott.ssa Valentina Pacelli.
Entro la fine di dicembre una selezione dei materiali più significativi sarà esposta nelle vetrine del Civico Museo Archeologico Etnologico di Modena che riaprirà con un nuovo allestimento.
A meno di tre mesi dal rinvenimento potremo mostrare alla città questi nuovi reperti che rappresentano, per Modena, una scoperta davvero eclatante.

La guerra di Modena (43 a.C.)
Dopo la morte di Giulio Cesare nel 44 a.C., il Senato, timoroso di una reazione dell'esercito ancora fedele a Marco Antonio, luogotenente del dittatore ucciso, gli promise il governo della Gallia Cisalpina che era stato affidato intanto a Decimo Bruto, uno dei congiurati. Antonio, però, non potendo permettersi di attendere la scadenza naturale del comando di Decimo per non restare privo dell'imperium proconsulare che gli dava autorità sull'esercito, ingiunse a Decimo Bruto di lasciargli la provincia e, al rifiuto di questi, lo attaccò ed assediò nella città di Mutina.
Il Senato lo dichiarò hostis ("nemico del popolo") e gli mandò contro le truppe della repubblica al comando dei consoli Aulo Irzio e Vibio Pansa. Con Irzio fu anche inviato, con imperium proconsulare, il giovane Ottaviano alla testa di un suo contingente personale.
Si combatté a Forum Gallorum (odierna Castelfranco Emilia) dove Antonio vinse Pansa ma subì gravi perdite per un contrattacco di Irzio e poi nuovamente sotto Modena.
Sconfitto, Antonio si ritirò in Gallia presso l'amico Lepido lasciando Ottaviano arbitro del campo per la morte dei due consoli. Questi si sarebbe poi accordato con lepido e Antonio dando vita al secondo triumvirato.

da "Modena dalle origini all'anno Mille. Guida alla mostra", Comune di Modena - Museo Civico Archeologico Etnologico, Soprintendenza Archeologica dell'Emilia-Romagna, Edizioni Panini, 1989