Benvenuta Vetilia! Esposta al pubblico l'imponente ara romana di Vetilia Egloge
Modena, Lapidario Romano dei Musei Civici
Home- Scavi/Valorizzazione - Nuove scoperte nella necropoli romana di Modena: il fregio e l'ara sepolcrale di Vetilia Egloge

Leggi il comunicato stampa del 13/12/2007

Non è solo in eccellente stato di conservazione, l'ara sepolcrale di Vetilia Egloge è un vero e proprio monumento parlante. Della sua storia racconta tutto, chi la fece erigere e per chi, che dimensioni doveva avere il suo recinto, quali rituali dovevano tenersi ai suoi piedi per onorare i defunti. Eravamo alla metà del I secolo d.C. e la romana Mutina era al massimo dello splendore quando la liberta Vetilia Egloge dà disposizione di erigere l'imponente monumento per se stessa, per il marito Lucio Valerio Costante e per il figlio. Lo specchio epigrafico non lascia dubbi.

Lo specchio epigrafico ci rivela la relazione che intercorreva tra la liberta Vetilia, che fece erigere il monumento, e le persone a lei più care: il marito e il figlio

V (iva) f(ecit)
Vetilia (mulieris) lib(erta)
Egloge sibi et
L(ucio) V(alerio) Q(uinti) f(ilio) Constant(i)
decurioni Mut(inae) viro
optumo et carissimo et
L(ucio) Valerio L(uci) lib(erto) Constanti
filio piissimo apollinar(i)
et augustali

 

Ancora viva Vetilia Egloge, liberta di una donna, fece (il monumento) per sé e per Lucio Valerio Costante, figlio di Quinto, decurione di Mutina, carissimo e ottimo marito, e per Lucio Valerio Costante, liberto di Lucio, piissimo figlio, apollinare e augustale

L’onomastica lascia intravedere alcuni aspetti della vita di questi personaggi. Vetilia era stata schiava, forse di origine greca o più genericamente orientale, come rivela il nome servile Egloge, utilizzato come cognomen, accanto al nomen latino mutuato da colei che l’aveva liberata: Vetilia.  Di condizione servile era stato anche il figlio, affrancato dallo sposo della madre, Lucio Valerio Costante, da cui riceve il nome. Non è possibile invece sapere se Vetilia, che generò il figlio mentre era schiava, lo avesse avuto da una precedente unione o se invece fosse il figlio naturale di Lucio.
I membri della famiglia di Vetilia Egloge rivestivano cariche prestigiose. Il marito era un decurione, una delle massime cariche cittadine. Il figlio era “apollinare e augustale”, ossia membro di due congregazioni cittadine addette al culto dell’imperatore.
Altre iscrizioni (di cui vi mostriamo sotto un campionario) su reperti esposti nel Lapidario Romano e in quello Estense riportano le dediche a personaggi che hanno ricoperto a Mutina questi importanti incarichi ma l'ara funeraria di Vetila Egloge è uno dei monumenti più imponenti finora rinvenuti in città.

STELE DI CAIUS PETRONIUS MANTES

Un decurione di Mutina è ricordato nelle stele dell'orefice Caius Petronius Mantes del Lapidario Romano dei Musei Civici . Membri del consiglio o senato municipale, ex magistrati ma anche cittadini ricchi o influenti, i decurioni deliberavano su tutti gli affari di interesse comune, emettevano decreti e conferivano titoli onorifici, naturalizzavano gli stranieri. A partire dal II secolo d.C. ebbero anche il compito di eleggere i magistrati locali

STELE DI AELANIUS PROCULUS

La stele di M. Aelanius Proculus, apollinare e augustale, rinvenuta in reimpiego come copertura di una sepoltura a cassa laterizia di età tardoantica, in piazza Grande ed esposta nel Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena, attesta la presenza a Mutina dell’ordine degli Apollinares et Augustales.
In origine gli Apollinares erano sacerdoti addetti al culto di Apollo. A partire da Augusto, che per necessità di affermazione del potere imperiale divinizzò la sua figura identificandola con quella di Apollo, suo nume tutelare fin dai tempi della battaglia di Azio (31 a.C.), gli Apollinares svolsero una funzione simile a quella degli Augustales, collegio addetto al culto dell'imperatore-dio. A capo di queste congregazioni religiose vi era il magister che aveva funzioni di coordinamento e controllo. I membri appartenevano quasi tutti alla ricca e ambiziosa classe dei liberti, ai quali la partecipazione attiva alle cerimonie offriva un'occasione di affermazione individuale e di classe che la loro condizione civile di ex-schiavi non avrebbe altrimenti consentito

ARA DI PETRONIUS

L’ara dedicata a Q. Petronius, rinvenuta in località Ramo di Freto ed esposta nel Museo Lapidario Estense, è molto simile per tipologia a quella di Vetilia Egloge ed è databile tra la fine del I e il II secolo d.C.
L’iscrizione attesta che dell’ordine degli Apollinares facevano parte non solo liberti, ma anche personaggi di nascita libera e/o di condizioni agiate

MONUMENTO DI NOVIUS

Lucius Novius, modenese influente, di nascita libera, apollinare e augustale fu anche eletto nel consiglio dei decurioni della città
(Museo Lapidario Estense)

L’iscrizione dedicatoria sulla fronte dell'ara di Vetilia è incorniciata da un elegante motivo vegetale ed è coronata da un pulvino, anch’esso decorato da girali di foglie che racchiudono due fiori a cinque petali. Sui lati minori sono scolpite le decorazioni rituali di una patera (piatto) e di un urceus (brocca), simboli delle libagioni offerte ai defunti. Ulteriore informazione è l’iscrizione sul basamento che ci fornisce la dimensione del recinto funerario: In fr(onte) p(edes) XX in ag(ro) p(edes) XXX, cioè sulla fronte 20 piedi (5,92 m), in profondità 30 piedi (8,88 m), dà un lotto sepolcrale di 50 mq, uno dei più grandi fra quelli attestati a Mutina.
In età tardoantica la base del monumento fu parzialmente seppellita da un’alluvione e nell’Alto Medioevo l’ara, che continuava a svettare con i suoi tre gradini, fu risparmiata dalla demolizione, sorte toccata invece ad altri monumenti documentati nella zona che furono abbattuti per ricavare pietre da costruzione o materia prima per produrre calce. L’ara voluta da Vetilia fu sempre rispettata, forse anche in virtù dell'iscrizione dedicata ad un sacerdote di Apollo, divinità invocata contro malattie e pestilenze.  Le numerose monetine rivenute attorno al monumento fanno pensare che i passanti le abbiano gettate con un significato rituale, un po' come facciamo noi oggi quando le lanciamo nelle fontane.

L’ara di Vetilia Egloge, eretta ai margini della via Emilia, a oriente di Mutina, è stata trovata nel settembre 2007, durante i lavori di scavo per le fondazioni di un complesso residenziale all’altezza del sottopasso della ferrovia Modena–Sassuolo. L'estrema visibilità dell'area di scavo e l'immediata curiosità dei media e dei modenesi per l'importante rinvenimento ci ha convinti dell'opportunità di darne pubblico conto (clicca qui per leggere il comunicato stampa del 10 settembre 2007). Le operazioni di scavo, dirette della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, sono state condotte sul campo dalla ditta Archeosistemi di Reggio Emilia. Le opere edili sono state eseguite dalla Cooperativa di Costruzioni di Modena per conto della Società Meridiana S.r.l., proprietaria del terreno.

L'ara di Vetilia Egloge all'inizio degli scavi (settembre 2007): poco più della punta dell'iceberg...
L'ara di Vetilia Egloge all'inizio degli scavi (settembre 2007): poco più della punta dell'iceberg...

A fine scavo, l'ara di Vetiliasi mostra in tutta la sua imponenza: oltre 4 metri di altezza per 25 tonnellate di pesoLa parte superiore del monumento è stata intercettata dai lavori di escavazione a poco più di un metro e mezzo di profondità dal piano stradale. Procedendo con gli scavi, è stata portata in luce, ancora perfettamente conservata, un’imponente struttura di oltre quattro metri di altezza e 25 tonnellate di peso, sulla cui sommità svettava un’ara parallelepipeda. Al di sotto dell’ara sono stati progressivamente individuati tre gradoni di pietra calcarea poggianti a loro volta su un dado formato da quattro lastre disposte verticalmente. Alla base del dado è emerso uno zoccolo composto da vari elementi lapidei. Il piano di calpestio sul quale poggiava il monumento è stato raggiunto a circa cinque metri e mezzo di profondità.
Lo scavo archeologico ha interessato una superficie di 160 mq. Il monumento di Vetilia Egloge era inserito all’interno di un recinto funerario che, come indica l’iscrizione riportata sul basamento, occupava un’area di circa 50 mq. All’interno di quest’area sono state rinvenute quattro sepolture, presumibilmente riferibili ai personaggi citati nell’iscrizione dell’ara o ad altri congiunti o liberti legati alla famiglia.
La tomba più antica, rinvenuta sul piano di calpestio su cui poggiava il basamento dell’ara, addossata al lato nord, conteneva una sepoltura priva di corredo. Il defunto era stato sepolto con il rito della cremazione diretta, bruciando il corpo direttamente nella fossa tombale. Negli strati che coprivano la fossa della sepoltura sono stati trovati i resti delle libagioni rituali consumate dai parenti dopo la chiusura della tomba, tra cui una coppetta in ceramica comune depurata.
Le altre tre sepolture, deposte sempre secondo il rito della cremazione, sono state rinvenute su un nuovo piano di calpestio che si era formato in seguito ad un episodio alluvionale avvenuto tra la fine del I e l’inizio del II sec. d.C. Nella prima, una tomba "alla cappuccina" con coppie di tegole disposte a spiovente, è stata trovata, su un lato, un’anfora tagliata a metà utilizzata per introdurre le offerte di cibi e bevande durante i riti di commemorazione dei defunti. A corredo della sepoltura, databile all’inizio del II secolo d.C., erano deposte alcune lucerne di tipo Firmalampe con bollo FORTIS, insieme ad altri oggetti.
La seconda tomba, anch'essa “alla cappuccina”, si presentava con coppie di tegole disposte a spiovente e una fila di coppi alla sommità. All’interno della sepoltura è stata trovata l’anfora per le libagioni rituali e numerosi oggetti di corredo, databili all’inizio del II secolo d.C.: un’olla con coperchio contenente le ceneri del defunto, una lucerna di tipo Firmalampe con bollo FORTIS, due anelli in bronzo, di cui uno con terminazioni aperte configurate a testa di serpente, un asse dell’imperatore Traiano, di rame, databile al 98-102 d.C. (D/ IM[PCAESNERVATRAIANAVGGE]RMPM Testa di Traiano laureata a d.; R/ [TRPOTCOS…] Fortuna stante con timone e cornucopia; nel campo ai lati [S]/C )

la seconda tomba "alla cappuccina" rinvenuta nel recinto dell'ara di Vetilia Egloge
La seconda sepoltura "alla cappuccina" rinvenuta entro il recinto dell'ara di Vetilia Egloge

A pochi metri a sud del monumento ad ara sono stati messi in luce i resti del recinto in mattoni di un altro monumento funerario, eretto in età ancora da definire ma certamente asportato in età medievale per recuperare il materiale. A partire dalla fine del VI sec. d.C. questo settore della necropoli orientale, come gran parte della città di Mutina, risulta coperto da spessi livelli alluvionali, intervallati da piani d’uso di età tardoantica e medievale.
Sono riferibili all’Alto medioevo un canale ed una struttura rinvenuti a pochi metri dalla massicciata stradale della via Emilia. La struttura è composta da vari blocchi lapidei di reimpiego, verosimilmente appartenuti in origine ad un altro monumento -forse funerario- di cui è stato rinvenuto un intero architrave sormontato da un fregio che raffigura un corteo marino composto da mostri, ippocampi e pesci aggiogati a carri o cavalcati da Nereidi e Amorini. Le Nereidi, le cinquanta figlie di Nereo, erano divinità marine benefiche che i marinai chiamavano a protezione delle loro imbarcazioni e dei viaggi in mare e che troviamo raffigurate sui monumenti funerari, forse per invocare il loro aiuto nel traghettamento dei defunti nell’Ade. Tra le più famose possiamo ricordare la moglie di Poseidone, Anfrite, la madre di Achille, Teti, l'amante di Ulisse, la ninfa Calipso e l'amata da Polifemo, Galatea. Il fregio è di straordinaria importanza sia per le dimensioni (è lungo metri 4,30) che per la fattura ed è uno dei più completi finora trovati in Emilia-Romagna.
Nei prossimi giorni inizierà il restauro e l’assemblaggio dei vari elementi architettonici recuperati, frammenti riferibili al dado di base arricchito con decorazioni vegetali, colonne scanalate, capitelli corinzi, architravi, cornici ed elementi della copertura a cuspide: queste operazioni dovrebbero consentire la ricostruzione del monumento e forse anche di accertarne la datazione.

Il fregio di pietra calcarea scolpito con la raffigurazione di putti su carri trainati da pesci, ippocampi e altri animali
Il fregio di pietra calcarea scolpito con la raffigurazione di putti su carri trainati da pesci, ippocampi e altri animali

Agli inizi di dicembre, con una complessa operazione durata alcuni giorni e seguita passo passo dai nostri restauratori Antonella Pomicetti, Roberto Monaco e Micol Siboni, il monumento è stato portato al Palazzo dei Musei di Modena dove sarà esposto al pubblico a partire da domenica 16 dicembre 2007. Per l'occasione sarà allestita nel Lapidario Romano dei Musei Civici una piccola mostra dal titolo "Benvenuta Vetilia!" che resterà allestita fino al 27 aprile 2008. Il Lapidario Romano si trova all'interno del Palazzo dei Musei, a Modena in Via Vittorio Veneto n. 5. È aperto tutti i giorni dalle 8 alle 19 con ingresso gratuito (il 25 dicembre e il 1 gennaio aperto dalle 14.30 alle 18.30).
Benvenuta, e bentornata, Vetilia!

       
Tre momenti della spettacolare operazione di rimozione dell'ara dal cantiere di scavo (dicembre 2007)