I resti della perduta Chiesa di San Giovanni Battista e le tracce
dell’omonima Pieve bizantina si affacciano dal balcone che domina la pianura
riminese e il mare Adriatico. Nel perimetro della chiesa si riconoscono a prima
vista l’abside e l’altare del XV secolo; all’interno emergono quattro ossari
mentre all’esterno della parete sud sono evidenti le tracce di un impianto per
produrre calce, utilizzato nei cantieri che si sono succeduti dal medioevo in
poi.
La storia di quest’area archeologica, frequentata dalla metà del VI secolo
al 1746, l’ha scritta la natura: i continui movimenti franosi si sono portati
via gli edifici religiosi man mano che venivano ricostruiti l’uno sull’altro,
arretrando progressivamente alla ricerca di un terreno più stabile.
Quel che resta di oltre un millennio di storia torna ora a vivere grazie a un
intervento di musealizzazione iniziato nell’autunno 2009. Con l’apertura al
pubblico di questa zona archeologica, illustrata da un ampio apparato didattico,
si completa sabato 9 ottobre l’opera iniziata un anno fa con l’inaugurazione del
rinnovato Museo Renzi di San Giovanni in Galilea che espone i reperti rinvenuti
durante gli scavi.
Luogo strategico, questo, per costruire una chiesa, sulla dorsale che unisce
trasversalmente le valli dell'Uso e del Rubicone, all’incrocio delle antiche
strade che collegavano il territorio di San Giovanni in Galilea con la
Valmarecchia ed il Montefeltro. Non è un caso che l’edificio cinquecentesco sia
stato costruito a ridosso di una Pieve bizantina di VI secolo (di cui restano
solo le fondazioni dell’abside semicircolare) citata in documenti dell’VIII-X
secolo nel cosiddetto Codice Bavaro.
Continui movimenti franosi e cedimenti strutturali, culminati nella frana
ottocentesca che si è portata via quasi tutta la Pieve, portano prima
all’abbandono dell’edificio religioso (nel 1746) e infine del sito stesso.
I primi scavi archeologici in quest’area, risalenti al 1970, individuano sul
ciglio della scarpata le fondazioni dell’abside della Pieve bizantina; scavi
successivi recuperano 12 frammenti in calcare locale, scolpito a bassorilievo,
riferibili alla decorazione dell’edificio e forse anche a un ciborio, la
struttura a baldacchino che sovrastava l'altare.
Alla fine del XV secolo la Pieve viene abbandonata, probabilmente a causa dei
continui cedimenti strutturali; contemporaneamente, alle sue spalle, viene
costruita la Chiesa di San Giovanni Battista, descritta nelle Visite Pastorali
del XVI-XVIII secolo. Nel 1680 l’edificio, minacciato di crollo da ininterrotti
movimenti franosi, viene ristretto, l’altare originariamente rivolto ad oriente,
è ribaltato ad occidente e l’abside è smantellata. Il trasferimento del fonte
battesimale nel 1741 all’interno delle mura del borgo di San Giovanni in Galilea
e il crollo del tetto nell’anno successivo portano al definitivo abbandono
dell’edificio religioso nel 1746.
Nel 2004 riprendono gli scavi, eseguiti dall’A.R.S.S.A. e dal Museo Renzi, sotto
la direzione scientifica di Maria Grazia Maioli, archeologa della Soprintendenza
per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna. Questi scavi permettono di
accertare tutte le diverse fasi di vita della Chiesa di San Giovanni Battista
anche dal punto di vista architettonico. Viene identificata la chiesa
rinascimentale con abside e altare rivolti a est (come nella tradizione
paleocristiana del Christus Sol, in cui il culto è rivolto nella
direzione da cui sorge il sole) e sotto la quota del pavimento, non più
conservato, sono trovati ossari -di cui quattro tuttora visibili- contenenti,
oltre agli scheletri, migliaia di grani di rosario e centinaia di medagliette
devozionali.
Ulteriori scavi eseguiti da Tecne s.r.l., iniziati nell’autunno dell’anno scorso
per musealizzare l’area archeologica, hanno rimesso in luce l’abside smantellata
nel 1680 e almeno tre calcare usate nel XV secolo per produrre calce utilizzando
i marmi degli edifici più antichi.
Oggi questo sito archeologico ha non solo un forte impatto visivo ma è parte
integrante di quel paesaggio che pur contribuisce a modificare. L’intervento di
musealizzazione, pensato sia per conservare le strutture murarie rinvenute
durante gli scavi che per facilitarne la lettura, ha pienamente recuperato le
potenzialità di un paesaggio scomparso dalla storia millenaria.
Il restauro della Pieve e della Chiesa di San Giovanni Battista costituisce
un’ulteriore tappa di quel circuito della memoria della comunità del borgo di
San Giovanni in Galilea già intrapreso con il restauro della Fonte del Coppo e
del cippo commemorativo.
Dell’antica Pieve Bizantina resta solo un’impronta sul terreno e un’ipotesi di
ciborio: ma guardando verso il mare e verso sud pare quasi dialogare con la
coeva Pieve di San Michele Arcangelo, a Santarcangelo di Romagna, e con la
romanica Pieve di Santa Maria Assunta a San Leo.
Lo scavo archeologico è stato diretto dalla Soprintendenza per i Beni
Archeologici dell’Emilia-Romagna (archeologa responsabile dott.ssa Maria Grazia
Maioli) e condotto da A.R.R.S.A. (Associazione Riminese per la Ricerca Storica
ed Archeologica - Sezione Alta Valle del Rubicone) e Museo Renzi (Stefano Pruni,
Thomas Ramberti e prof. Michele Gaudio); rilievo con laser scanner di Akanthos
s.r.l.
Il progetto di Restauro e Musealizzazione, finanziato dal Comune di Borghi e
dalla Regione Emilia-Romagna, è stato sviluppato dall’Arch. Massimo Bottini,
approvato dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e
dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Ravenna
(dott.ssa Marzia Iacobellis), e realizzato da Tecne s.r.l. con la collaborazione
del restauratore della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia
Romagna, Mauro Ricci, e di Katia Poletti
I testi dei pannelli affissi nell’area sono dell’Arch. Massimo Bottini, di Katia Poletti,
del prof. Michele Gaudio, e delle archeologhe Maria Grazia Maioli, Chiara Cesaretti
e Cristina Ravara.
Ricostruzione 3D dello
Studio Bottini Massimo di Santarcangelo di Romagna