Granarolo dell'Emilia (BO)
Cronache di un microscavo
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Granarolo dell'Emilia (BO) Cronache di un microscavo

Nel corso dell’autunno 2020, grazie a dei fondi ottenuti dalla Soprintendenza ABAP di Bologna, è iniziato il microscavo di alcuni blocchi di reperti provenienti da un cantiere di scavo archeologico svoltosi a Granarolo dell’Emilia (BO), dove fu trovato un piccolo nucleo sepolcrale di nove tombe, scavate in parte sul posto, in parte eseguendo il prelievo in blocchi di reperti. Questi ultimi furono presi con la tecnica dello “strappo”, vale a dire rimossi integralmente assieme ai “pani di terra” che li contenevano, applicando intorno ad essi bende gessate per la creazione di gusci contenitivi che ne conservavano lo stato di fatto e ne hanno consentito il loro trasporto in sicurezza.

Lo scopo dello strappo, un’operazione piuttosto comune in situazioni del genere, è duplice: da una parte consentire lo scavo in tutta calma ed in un ambiente protetto e coperto di reperti all’interno dei quali la stratificazione richiede di procedere con molta cautela e attenzione; tale precauzione permette di registrare al meglio tutti i dati ricavabili nel corso dello scavo e prelevare testimonianze spesso molto delicate, anche in materiale organico (resti di tessuto, oggetti in legno, semi etc). Il secondo motivo è che in tal modo i tempi dello scavo diventano più compatibili con l’avanzare delle opere edili a causa delle quali si è reso necessario l’intervento di tutela archeologica, in modo da poter avanzare quasi in simultanea.

Per eseguire questo microscavo, oltre ai fondi reperiti dalla Soprintendenza, ci si è potuti avvalere della disponibilità del deposito archeologico di Granarolo dell’Emilia, appena inaugurato, e fortemente voluto dall’amministrazione comunale, che ha colto in maniera virtuosa l’opportunità di utilizzare ed adattare dei propri locali al fine di preservare le testimonianze antiche del territorio, in sinergia con la Soprintendenza e non senza il prezioso e determinante aiuto dell’associazione di volontariato Hydria. Il deposito è solo una delle forme di collaborazione avviate tra Comune e Soprintendenza ABAP di Bologna nello spirito di conservare e valorizzare i reperti rinvenuti negli scavi archeologici del territorio che confermano la plurisecolare storia di Granarolo dell’Emilia.


Una pagina del Notiziario di Granarolo di luglio 2020 su un altro ritrovamento archeologico nel territorio. Fai click qui per scaricare (PDF).

Le sepolture da cui provenivano i blocchi sono databili alla prima metà del I millennio a.C. (epoca villanoviana), e sono costituite da fosse scavate nel terreno all’interno delle quali veniva posta la cassa lignea (non ritrovata poiché il materiale organico si è disgregato) contenente il cinerario biconico, vale dire un grande recipiente usato per contenere le ossa combuste del defunto, chiuso solitamente da una scodella capovolta, e avvolto, in alcuni casi, da un drappo (anch’esso non ritrovato) fermato da fibule in bronzo.


Un esemplare di cinerario biconico integro, con la sua scodella di copertura, proveniente dalla necropoli di Cà dell’Orbo a Castenaso. É ritualmente defunzionalizzato ovvero reso inutilizzabile, avendo una sola ansa e non più due.

I materiali all’interno della tomba ci aiutano a comprendere il genere di appartenenza del defunto (ad esempio spilloni e rasoi per i maschi, strumenti legati alla tessitura per le femmine), la sua importanza sociale, la sua età, il periodo in cui è vissuto. Oltre agli oggetti strettamente personali, all’interno della sepoltura potevano esserci anche brocche, olle, piattelli, ed altri recipienti destinati al banchetto funebre. Bisogna considerare che lo strappo dei blocchi avviene generalmente su reperti che, prima dello scavo, hanno già vista modificare la propria fisionomia dal trascorrere del tempo che, solitamente, ha causato il crollo della copertura lignea all’interno della cassa. Questo evento provoca l’infiltrazione, più o meno repentina, del terreno superiore della fossa all’interno della sepoltura, rovesciando i vasi, comprimendoli e, spesso, rompendoli. Una delle tombe da cui è stato “strappato” il cinerario è la sepoltura 8. Questa era la più ampia della piccola necropoli: il biconico si trovava adagiato su un fianco verso l’angolo sud della tomba, assieme alla scodella di copertura, sopra parte della terra di rogo prelevata dopo il rituale dell’incinerazione del corpo. Il corredo comprendeva anche una olla in impasto color arancio, una brocchetta, due bicchieri troncoconici, una tazza globulare e otto piattelli su piede, di dimensioni digradanti fino ad arrivare a misure quasi miniaturistiche.


Il cinerario all’interno della tomba 8 messa in luce

Il blocco una volta trasportato in deposito, organizzato per l’occasione come piccolo laboratorio, è stato liberato della parte alta del gesso per valutarne lo stato di conservazione che, nonostante la frammentarietà, non era particolarmente grave.


Il cinerario della tomba 8 imballato


Il cinerario parzialmente liberato dal gesso, sulla destra si vede anche la scodella di copertura scivolata lateralmente

Documentato con riprese zenitali, planimetrie e sezioni, il vaso, viene pulito e consolidato in modo da poter scavare al suo interno senza danneggiarlo. La documentazione serve a registrare i dati relativi al riempimento dell’oggetto nella fase successiva alla deposizione, quando la tomba è stata colmata dal terreno di copertura. In tal modo si può cercare di ricostruire, a ritroso, la posizione dei vari contenuti poi modificati dal crollo della copertura.


Una fase della documentazione

Prelevati con cura i frammenti superiori della parete del biconico ci si addentra all’interno del riempimento del recipiente composto da terreno infiltrato, ma anche dai frammenti ossei del defunto, assieme a parte del terreno di rogo dal quale sono stati raccolti, scivolati verso l’imboccatura a causa del ribaltamento successivo al crollo della copertura. All’interno di tale livello appaiono anche frammenti di verga bronzea riconducibili verosimilmente ad uno spillone con capocchia in ambra, in stato molto frammentario. Lo spillone, usato in vita per fermare le vesti, permette di comprendere che il defunto in questione era un uomo adulto.


Tomba 8, reperto 1: il livello di terreno con ossa, terra di rogo (scura) e frammenti di spillone

Ogni nuovo livello rinvenuto viene documentato come il primo descritto. Lo scavo del cinerario preso in esame, ancora in corso, procede parallelamente a quello di altri blocchi, così come ad un loro primo consolidamento.


Microscavo del reperto 3 della tomba 8


Un piattello di corredo

Al momento l’operazione, curata dalla ditta Giacomo Cenni, è ancora in corso. Complessivamente saranno microscavati 10 blocchi su 16 strappati originariamente, oltre ad essere riordinati i materiali già prelevati singolarmente in fase di cantiere. Al termine dell’operazione ci si augura di reperire nuovi fondi per finanziare il microscavo degli ultimi 6 blocchi, restaurare i reperti, pubblicare i risultati ed esporre i ritrovamenti.


La restauratrice procede alla velinatura del reperto 1 della tomba 6 (un altro cinerario). La “velinatura”è un’operazione che consiste nell’applicare sulle superfici e lungo le linee di frattura della ceramica delle sottili strisce di carta giapponese con resina acrilica (Paraloid B72) per consolidare mantenendo i frammenti in posizione ed evitando la perdita di piccoli frammenti durante il microscavo.


Una visita del Sindaco di Granarolo al deposito durante il microscavo