Mostra "Mediterráneo. Del mito a la razón"
Due crateri del Museo Archeologico Nazionale di Ferrara in mostra in Spagna
Barcellona, dal 27 febbraio al 24 giugno 2014 - Madrid, dal 24 luglio 2014 al 6 gennaio 2015
Home - Mostre e appuntamenti -   Collaborazioni - Spagna, 27/02/2014 - 06/01/2015
 
Due crateri attici provenienti dalla Necropoli di Spina e conservati nel Museo Archeologico Nazionale di Ferrara sono i testimoni della cultura spinete nella mostra "Mediterráneo. Del mito a la razón" promossa dalla Fundaciòn La Caixa e curata da Pedro Azara, Gregorio Luri e Concha Gómez, che si tiene nelle due sedi di Barcellona e Madrid dal 27 febbraio 2014 al 6 gennaio 2015.
Si tratta di un Cratere a volute a figure rosse, che secondo alcune interpretazioni potrebbe raffigurare il mito di Giasone e gli Argonauti, realizzato dal Pittore di Bologna nel 460-450 a.C. e di un Cratere a campana a figure rosse con il mito di Europa, realizzato dal Pittore di Filottrano nel  360 a.C. circa, rinvenuto nella necropoli di Valle Trebba.
I due reperti saranno esposti accanto ad altre importanti testimonianze della cultura mediterranea provenienti da 40 prestigiosi musei europei (come sempre l'Italia primeggia con 13 musei, seguita dalla Grecia con 10 e dai padroni di casa con nove)  ampliando così il raggio di conoscenza internazionale del Museo di Ferrara.
Il catalogo della mostra, oltre alle specifiche dei due crateri, contiene una scheda descrittiva di Spina e della sua realtà.

Cratere a figure rosse con Giasone e gli Argonauti    Cratere a campana con il mito di Europa   
A sin. Cratere a volute del Pittore di Bologna (460-450 a.C.) - A des. Cratere a campana del Pittore di Filottrano (360 a.C. circa)

L'esposizione, a vocazione prevalentemente antropologica e filosofica, è dedicata alle radici comuni all'interno dell'antico bacino del Mediterraneo, in quello "spazio condiviso" generatore di un nuovo spirito ideologico più vicino al positivo, all'uomo e alla ragione. Sono questi i valori caratterizzanti l'area geografica e culturale del Mediterraneo, da qui sono stati "esportati" a gran parte del mondo e tali rimangono tuttora. Il Mediterraneo antico è insomma la culla e al tempo stesso il diffusore di stili di vita e modi di comprendere il mondo.
La mostra riunisce quasi 250 opere selezionate in base alla loro iconografia. Le immagini agiscono come motore della storia e rappresentano i punti di riferimento culturali del progetto espositivo. I reperti archeologici sono corredati da frammenti di testi classici: miti , leggende (da Omero a Ovidio), tragedie come quelle di Eschilo e Sofocle.
Organizzata in quattro sezioni, la mostra si presenta come un percorso storico e tematico che illustra, in ordine cronologico, quei concetti che possiamo considerare come i principali contributi delle culture del Mediterraneo del primo millennio a.C.:
Il Mediterraneo: uno spazio comune ( secoli X - IV a.C.)
Il Cosmo: Una domanda sul mondo celeste e il suo rapporto con l'Oltretomba ( VII secolo - IV a.C.)
La Terra: lo spazio comune della città degli uomini ( VI secolo a.C.)
L'essere umano: l'anima e la sua manifestazione sensibile. Gli Dei sono umani ( IV secolo a.C. - IV d.C.)

Caixaforum Barcelona (dal 27 febbraio al 24 giugno 2014)
Avenida Ferrer i Guardià 6-8
08038 Barcelona (Spain)

CaixaForum Madrid (dal 24 luglio 2014 al 6 gennaio 2015)
Paseo del Prado, 36
28014 Madrid (Spain)

La exposición está dedicada a algunos de los logros comunes en el marco del Mediterráneo antiguo, que suponen la constatación de un nuevo espíritu ideológico más cercano a lo positivo, al hombre y la razón. Son valores que han definido las características de esta área geográfica y cultural, desde donde han sido “exportados” a una gran parte del mundo y que aún hoy siguen vigentes. Así, el Mediterráneo antiguo se presenta como un generador y un divulgador de modos de vida y de maneras de entender el mundo que han acabado por imponerse.
Este proyecto contempla las transformaciones más sustanciales, que significaron el fin de las épocas más antiguas (Edad del Bronce) y el nacimiento de culturas ya “modernas”, o premodernas, como fue la división del espacio ―hasta entonces unitario― en dos ámbitos de inversa prosperidad: el menguante ámbito de lo sagrado y el creciente ámbito de lo profano. El mundo de los hombres y de los dioses se fractura. La organización del cosmos en torno a un eje vertical cambia drásticamente de dirección: las relaciones horizontales pasan a ser preferidas y cultivadas, en detrimento de las verticales.
Este cambio se percibe bien en la organización de la ciudad griega. Los dioses tienen su espacio en lo alto de la acrópolis, mas este lugar no es sino uno más en la estructura urbana que, por el contrario, favorece las relaciones horizontales, es decir, entre los seres humanos. No se descuidan las relaciones que los hombres y los dioses establecen, pero éstas dejan de ser únicas, incluso dominantes.
Los hombres se preocupan de los hombres, es decir, de sus semejantes y de sí mismos; se convierten en tema de interés y estudio, en modelos de ser y comportamiento. Hasta tal punto llega esta exaltación de la condición humana, que la divinidad se encarna: se hace hombre, a imagen del hombre; se convierte en la imagen de un modelo que ya no es divino, sino humano. El horizonte de las expectativas humanas se declina según una línea recta que dibuja la frontera del espacio que merece ser estudiado y ocupado.
El Cielo se vacía y se aleja. Deja de afectar y condicionar las relaciones humanas y la imagen que el hombre tiene de sí mismo. Deja de ser un modelo o un referente. A partir de entonces, el hombre podrá empezar a ser dios. Este desgarro entre el Cielo y la Tierra, y la apertura de un nuevo horizonte de expectativas, se manifiesta en tres ámbitos interrelacionados: desacralización del mundo y el cuestionamiento del ordenamiento divino; la constitución de un espacio de convivencia, un espacio común en el que los hombres delegan ciertos poderes, no a los dioses sino a la colectividad, a la comunidad, lo que da nacimiento a la ciudad y a la organización racional del territorio, del que las potencias sobrenaturales van lentamente quedando excluidas; y la consideración del hombre como un nuevo dios, cuyos rasgos físicos y psíquicos merecen ser reflejados y transmitidos a la posteridad. Así, nace el arte del retrato. El hombre ya no es una sombra sino una fuente de luz; abandona su indigna condición para erigirse en el centro del mundo, centro que desciende de lo alto para instituirse en el espacio central de la ciudad.

MUSEOS PRESTADORES
Alemania
Stuttgart, Landesmuseum Württemberg
Dresde, Staatliche Kunstsammlungen
Munich, Staatliche Antikensammlungen und Glyptothek
España
Barcelona, Museu Arqueològic de Catalunya
Cartagena, Museo Nacional de Arqueología Subacuática
Madrid, Museo Arqueológico Nacional
Madrid, Museo Nacional del Prado
Menorca, Museo Diocesano
Mérida, Museo Nacional de Arte Romano
Sevilla, Museo Arqueológico
Sevilla, Fundación Casa Ducal deMedinaceli
Tarragona, Museo Nacional de Arqueología
Francia
Arlés, Musée départemental Arles antique
París, Musée du Louvre
Grecia
Atenas, National Archaeological Museum
Atenas, Museum of the Ancient Agora
Atenas, The Acropolis Museum
Atenas, Benaki Museum
Atenas, Museum of Pavlos and Alexandra Kanellopoulos
Corinto, Archaeological Museum of Ancient Corinth
Ioanina, Archaeological Museum of Ioannina
Pella, Archaeological Museum
Rodas, Archaeological Museum of Rhodes
Tesalónica, Archaeological Museum of Thessaloniki
Italia
Arezzo, Museo Archeologico Gaio Cilnio Mecenate
Bolonia, Museo Civico Archeologico di Bologna
Chiusi, Museo Archeologico Nazionale
Ferrara, Museo Archeologico Nazionale di Ferrara
Florencia, Museo Archeologico Nazionale di Firenze
Nápoles, Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Roma, Ciudad del Vaticano, Musei Vaticani
Roma, Musei Capitolini
Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia
Roma, Museo Nazionale Romano
Sperlonga, Museo Archeologico Nazionale
Taranto, Museo Nazionale Archeologico
Tarquinia, Museo Nazionale Tarquiniense
Paises Bajos
Leiden, Rijksmuseum van Oudheden
Amsterdam, Allard Pierson Museum
Suiza
Ginebra, Musée d’art et d’histoire


Giasone e gli Argonauti, di Massimo Di Marco (fonte: http://www.treccani.it/enciclopedia/)

L'impresa degli Argonauti è una delle più affascinanti del mito greco. Il tema del viaggio sulla nave Argo e dell'avventura in tanti luoghi misteriosi si intreccia con quello della storia d'amore tra Giasone e Medea: dei ed eroi, ma anche una fanciulla dotata di straordinari poteri magici, agiscono su uno sfondo remoto e selvaggio, tra insidie mortali, mostri e prodigi.
L'antefatto parte da Pelia che ha ingiustamente sottratto il trono di Iolco, in Tessaglia, al fratellastro Esone. Quando il figlio di quest'ultimo, Giasone, chiede che il regno gli venga restituito, Pelia pone come condizione che egli riporti in Tessaglia il vello d'oro del montone sul quale un giorno due giovani, Frisso ed Elle, erano volati via per scampare al padre Atamante che voleva sacrificarli. Elle era caduta nel tratto di mare che da lei prese il nome di Ellesponto (in greco "mare di Elle"); Frisso era invece giunto sulla costa orientale del Mar Nero, nella Colchide, l'attuale Georgia; lì il montone era stato sacrificato e il suo vello consacrato nel bosco del dio Ares, ben sorvegliato da un mostruoso serpente sempre vigile.
Pur consapevole dei rischi, Giasone accetta. Per la difficile missione gli eroi più valorosi si imbarcano sulla nave Argo (da qui l'appellativo dato ai membri della spedizione: Argonauti, infatti, in greco vuol dire "i navigatori della Argo"), costruita con l'aiuto della dea Atena: tra gli altri, Ercole, Orfeo, Castore e Polluce.
Il viaggio è pieno di pericoli. Gli eroi indugiano a lungo a Lemno, ove le donne, che avevano sterminato i loro mariti, li trattengono con le armi della seduzione; si scontrano per un tragico errore con i Dolioni, che pure li avevano accolti ospitalmente; perdono Ercole, che rimane in Misia in cerca del suo giovane servo Ila, rapito dalle Ninfe; approdano nella terra dei Bebrici, ove Polluce in una gara di pugilato sconfigge e uccide Amico, violento re del luogo; incontrano l'indovino Fineo e lo liberano dal tormento delle Arpie, ricevendone in cambio importanti consigli sulla prosecuzione del viaggio.
Primi tra gli uomini riescono a passare indenni, con l'aiuto divino, lo stretto delle Simplegadi, rocce mobili cozzanti l'una contro l'altra (l'odierno Bosforo); sfuggono con un astuto espediente all'insidia degli uccelli dell'isola di Ares, che usano le loro penne come frecce, e giungono infine in Colchide presso il re Eeta.
Eeta non respinge formalmente la richiesta di Giasone di riavere il vello d'oro, ma gli impone una prova di valore, certo che in essa l'eroe troverà la morte: aggiogare due possenti tori dagli zoccoli di bronzo e spiranti fiamme dalle narici, arare il duro campo di Ares, seminarvi i denti di un drago e uccidere i guerrieri che, all'istante, germineranno dalla terra.
Giasone è sgomento; ma in suo aiuto interviene la figlia del re, Medea, che, innamoratasi del giovane eroe, lo fortifica con le potenti arti magiche di cui è esperta, consentendogli così di superare la prova. Con un filtro la fanciulla addormenta poi il serpente posto a guardia del vello d'oro, consentendo a Giasone di conquistarlo.
Inizia così una fuga lunga ed estenuante, con i Colchi che inseguono e Medea che, una volta raggiunta, non esita a farsi complice di Giasone nell'uccisione del proprio fratello Apsirto. La nave Argo attraversa il Ponto Eusino (il Mar Nero), risale la corrente dell'Istro (il Danubio), si immette nell'Adriatico, poi attraverso l'Eridano (il Po) e il Rodano giunge nel mare Ausonio (Tirreno). Dopo una sosta al promontorio abitato dalla maga Circe, dove Giasone e Medea vengono purificati dell'uccisione di Apsirto, gli Argonauti toccano l'isola delle Sirene, passano tra Scilla e Cariddi e approdano all'isola dei Feaci, ove sono raggiunti nuovamente dai Colchi; ma il re Alcinoo li respinge dopo aver unito Giasone e Medea in matrimonio.
Sbattuti sulle coste della Libia da una tempesta, gli Argonauti sono costretti a portare la nave sulle spalle attraverso il deserto. Riprendono il mare e giungono a Creta, dove Medea con la sua magia sventa la minaccia del gigante di bronzo Talos. Infine, dopo altre tappe, la nave fa ritorno in Tessaglia.

Il mito d'Europa, di Luisa Passerini (fonte: http://www.treccani.it/scuola/tesine/viaggio_e_mito/ )

Le prime tracce scritte del mito di Europa risalgono ai tempi di Omero ed Esiodo, intorno all’VIII secolo a.C.
Nell’Iliade Zeus evoca, tra i suoi molti amori, quello con Europa, mentre nella Teogonia Esiodo accenna a un’Europa figlia di Teti, una delle divinità marine. Sappiamo che i miti, prima di essere scritti, vennero tramandati per lungo tempo in forma orale; infatti una tradizione situa gli eventi cui il mito allude tra il XIX e il XV secolo a.C.
Il mito narra della principessa Europa, figlia del re dei Fenici (il cui regno si estendeva sul territorio dell’attuale Libano e comprendeva le fiorenti città di Tiro e Sidone), che scesa al mare con le ancelle incontrò sulla spiaggia un toro bianco di grande bellezza e mitezza, tanto da indurla a cavalcarlo. Ma il toro si lanciò attraverso il mare trasportando la fanciulla fino all’isola di Creta, dove assunse le sembianze di Zeus e con lei generò tre figli, tra i quali Minosse, re di Creta, e Radamanto, giudice degli inferi. Il mito continua col racconto sui fratelli di Europa, che partirono in varie direzioni per cercare la sorella: tra questi Cadmo che giunse nella Grecia continentale e qui fondò Tebe; a lui è attribuita la trasmissione dell’alfabeto dalla Fenicia alla Grecia.
In generale il mito rappresenta un movimento di civiltà da Oriente a Occidente e il nome Europa, dato ai territori occidentali, riflette questo spostamento. Secondo studi recenti, i culti dei bovini e della luna (le corna del toro hanno la stessa forma della falce di luna e i due simboli venivano collegati nei riti religiosi) adombrati nel mito di Europa furono trasmessi attraverso le migrazioni dal Medio Oriente e dall’Africa alla Grecia. Già secondo Erodoto (V secolo a.C.), il mito di Europa si riferiva al costume del rapimento di fanciulle a scopo di matrimonio forzato, di cui un altro esempio – in senso speculare – era la storia di Paride ed Elena.


Per informazioni rivolgersi all'archeologa Caterina Cornelio, Direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Ferrara
0532 66299